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PROCESSO. GIGLIO SPENDE L’INTERPRETAZIONE AUTENTICA

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di Gianni Nicastro


Quarta udienza del processo penale a carico di Pietro Giglio e Nicola Lioce, imputati del reato di abuso edilizio in riferimento al punto di ristoro del centro sportivo in costruzione su via Paisiello. Si è svolta giovedì 12 aprile scorso presso il Tribunale di Rutigliano, a presiederla questa volta c’era un nuovo giudice, il dott. Domenico Mascolo, che ha sostituito il giudice Giovanni Battista. E’ stato il secondo processo trattato quella mattina. Degli imputati era presente solo Giglio, l’arch. Lioce assente come lo è sempre stato sin dall’inizio; presenti ovviamente gli avvocati di entrambi.

Si è cominciato con l’acquisizione delle perizie sull’immobile sequestrato fatte dai due tecnici della procura (arch.tti Paola Diomende e Teresa Chimienti), acquisizione acconsentita senza sentire gli stessi tecnici presenti all'udienza. C’è stata anche l’audizione, in qualità di teste dell’accusa, del comandante della Polizia Municipale del comune di Rutigliano Francesco Vita che ha riferito dell’attività svolta come delegato dell’autorità giudiziaria. 

Due sono i fatti importanti successi in questa udienza.
L’avvocato di Giglio ha comunicato al giudice che è stata prodotta e acquisita agli atti del procedimento la famosa delibera di consiglio comunale n. 53 del 2010. «Questa è sostanzialmente -ha detto l’avvocato-  una delibera relativa alla interpretazione autentica del concetto di precarietà di questa benedetta copertura ritenuta inizialmente illegittima». Si tratta dell’interpretazione autentica dell’art. 34 lettera c delle Norme Tecniche di Attuatuazione (NTA) del PRG proposta dall’ingegnere comunale Erminio D’Aries e approvata in consiglio comunale dalla sola maggioranza, l’opposizione votò decisamente contro.

C’è da dire che l’interpretazione che in quella sede fu data dell’art. 34 in questione calzava a pennello con la copertura “in precario” che campeggia sull’immobile sequestrato all’imputato Giglio. Tra i capi di imputazione con cui sono stati rinviati a giudizio i due imputati c’è proprio la violazione di quell’art. 34, che prevede in aree F6 (centri sportivi privati) coperture solo di tipo gonfiabili (tensostrutture) o in precario.

Il difensore dell’imputato ha riferito che dopo l’approvazione di quella delibera di interpretazione autentica del concetto di “precarietà” -avvenuta il 20 settembre 2010- il suo assistito ha fatto (2 dicembre) istanza di sanatoria della copertura in legno lamellare ritenuta, dal PM Roberto Rossi, illegittima perché nulla aveva di precario in quanto bullonata al cemento e al servizio di un primo piano adibito a zona fitness. A questa istanza il comune non ha proferito risposta -racconta l’avvocato- facendo scattare il silenzio/diniego,  diniego contro cui (febbraio 2011) Giglio ha fatto ricorso al TAR Puglia.

E a proposito di questo ricorso il TAR, il 5 aprile scorso, si è espresso con una sentenza anch'essa prodotta in udienza dall’avvocato di Giglio. Una sentenza -ha detto il difensore- con cui il TAR, pur rigettando il ricorso, sulla vicenda «riferisce in maniera definitiva e una volta per tutte, alla luce di quella delibera, che quella struttura così come realizzata sia confacente ai requisiti tecnici». Insomma, sembrerebbe che, dopo la delibera di interpretazione autentica, sia venuto in soccorso dell’imputato anche il TAR con una sentenza sfavorevole al suo ricorso amministrativo, ma favorevole allo stesso Giglio nel processo penale a suo carico.

Dopo neanche mezzora l’udienza si è chiusa con un rinvio al 18 ottobre prossimo, giorno in cui in tribunale, alle ore 12:30, comparirà l’ing. D’Aries (autore di quell’interpretazione autentica) come teste a discarico chiamato dalla difesa.

Non sappiamo cosa succederà in autunno. E' probabile che il processo, dopo l'audizione di D'Aries, che sarà interrogato sia dalla difesa che dall'accusa, entri nel vivo della discussione. Anche perchè gli atti prodotti dalla difesa, evidentemente a favore dell'imputato, cioè la delibera interpretativa dell'art 34 su citato e la sentenza del TAR, ruotano esenzialmente attorno alla legittimità della copertura in legno lamellare del punto di ristoro. Ma il GIP nel suo atto di sequestro dice che "sussistono gli estremi del reato di cui lagli art. 31 e 44 lett. b) del d.p.r. 380/2001, tenuto conto delle violazioni delle normative regolamentari concernenti le distanze da rispettare nell'edificazione del manufatto e le volumetrie consentite, con particolare riguardo all'edificazione del primo piano". Il GIP continua dicendo che "il risultato complessivo accertato dal PM è quello della realizzazione di un organismo edilizio certamente diverso, nelle dimensioni e nelle volumetrie, da quello originariamente autorizzato con il permesso di costruire; tale intervento richiedeva evidentemente un nuovo permesso di costruire, che non è mai stato rilasciato, sicchè i titoli abilitativi successivi al rilascio del permesso di costruire non consentivano la realizzazione dell'intervento realizzato ed in corso di esecuzione". Tranne la lottizzazione abusiva, il GIP conferma tutto quello che il PM contesta nel suo decreto di citazione a giudizio.

Ora, di fronte a tutto questo, la violazione dell'art. 34 delle NTA del PRG "sanate" dall'interpretazione autentica e dalla sentenza del TAR potrebbe essere la questione meno grave.

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