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Una strada per Enzo Del Re. Lettera al Sindaco Decaro

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di Franco Larizza

Di Enzo Del Re è stato detto molto e, dunque, risparmio note biografiche ed artistiche che, del resto, sono a portata di mano sul web.

Su Rutiglianoonline ne abbiamo parlato (qui) l’ultima volta in occasione della pubblicazione di “Forthyto rilegge Maul di Enzo Del Re”. Proprio nel booklet di questo cd è riportato un ricordo di Enzo Del Re a firma di Patrizio Fariselli, grandissimo pianista, jazzista e fondatore degli “Area”, gruppo di spicco e caratura internazionale del “progressive” italiano degli anni ’70.

Di Enzo Del Re, tra le altre cose Fariselli riferisce un episodio emblematico della sua coerenza e dal suo rigore militante: dopo incontri occasionali in concerti invernali tenuti per i “Circoli Ottobre” nell’inverno del 1972 gli Area, impressionati dalla sua personalità e dalla sua capacità di instaurare un rapporto tutto particolare con il pubblico, lo invitano intraprendere insieme l’imminente stagione concertistica estiva. Enzo Del Re, dopo qualche attimo di esitazione risponde di “No, non posso. Devo tornare a Bari per proseguire la lotta per la fogna a Bari Vecchia”
Leggo e rileggo il passaggio in cui il nostro conterraneo rifiuta di essere coprotagonista di una tournée con uno dei gruppi più in voga del panorama musicale alternativo che -all’epoca- riempiva teatri, piazze e stadi per tornare a Bari e stare al fianco di chi aveva da lottare per fogna ed acqua corrente, nei vicoli di Bari Vecchia.

Sono appena finiti gli anni ’60 e le condizioni di vita nel borgo antico di Bari sono da paesi del terzo mondo.
Condizioni dettate da precise volontà speculative ben spalleggiate da uno strapotere politico tutto rivolto ad ingraziarsi i favori della borghesia mercantile e mattonara barese.enzo-del-re-lettera-decaro-1
Fin dall’inizio del ‘900, quando Bari si imbellettava col nuovo quartiere “murattiano” e si spostava il suo nucleo vitale verso ovest col teatro Petruzzelli ed il palazzone della Camera di Commercio, Bari Vecchia veniva mantenuta a condizioni di vita ottocentesche.

Negli anni ’50 le condizioni di vita nel borgo antico sono insostenibili nonostante formali piani di risanamento si siano susseguiti a partire dal “Progetto Messeni” del 1892 ma tutto quello che la politica barese riesce a fare nei primi anni ’50 sotto la sindacatura di Francesco Chieco (giunta MSI-Monarchici), è uno stralcio di 90 milioni di lire, su un piano fogne complessivo di quasi 800 milioni di lire per il resto della città che, all’epoca, non era molto più grande della parte storica e nonostante gli interventi nel centro storico fossero tecnicamente più complessi. Soldi che non si riescono neanche a spendere per rilievi dell’allora “Intendenza di Bari alle Belle Arti”, rilievi che la politica si guarda bene di superare.

Nella realtà, i costruttori baresi cominciavano a fregarsi le mani per il venirsi a realizzare le condizioni che giustifichino la creazione di quartieri periferici, con volumetrie da capogiro e con piani di investimento a capitale totalmente pubblico, verso cui realizzare una vera e propria deportazione di massa e fa niente se questo avrebbe comportato il degrado definitivo e la probabile distruzione di Bari Vecchia. Nascono o si ingrossano i ghetti del “San Paolo”, il “Catino”, lo “Stanic”, ecc.

Ma, fino ai primi anni ’60, troppo flebili sono le voci che si levano dalla popolazione del centro storico di Bari e gli organi di informazione non hanno dati oggettivi su cui riflettere. Sono i Comunisti della storica Sezione PCI “Introna” di Bari Vecchia che intuiscono l’importanza di un lavoro scientifico e metodico di raccolta dati su cui edificare una solida piattaforma di informazione e di lotta.

Nel 1964 i comunisti della “Introna” si impegnano in una vera e propria ricerca statistica che qui sintetizziamo:
Il campione di ricerca coinvolge quasi 400 famiglie di Bari Vecchia e ne analizza le condizioni economiche, igieniche e di lavoro. Queste 400 famiglie occupano 245 abitazioni, alcune delle quali contengono fino a tre nuclei familiari ciascuna. Delle 245 abitazioni solo 143 hanno acqua corrente, 159 il gabinetto, 138 la cucina.
La media per vano è di 5 persone. Complessivamente si tratta di 1800 persone, di cui circa 1300 in età infantile. Le condizioni di salute sono spaventose: 130 malati di tubercolosi, 50 hanno malattie cardiache, 45 di poliomielite, 450 con gravi sindromi osteo-reumatiche.

Su 574 bambini in età scolastica, 308 vanno a scuola, 266 vanno a lavorare. Di 369 capifamiglia interpellati solo 152 uomini e 125 donne sanno leggere e scrivere.
L’inchiesta va oltre questi dati statistici e indaga anche le preferenze della popolazione in materia di residenza.
Sui 369 capifamiglia, 323 dichiarano che preferirebbero rimanere ad abitare a Bari Vecchia, opponendosi ad un trasferimento nei quartieri CEP distanti 7-8 km che comporterebbe uno sradicamento dal loro centro di affari e dal mare (molti di loro erano pescatori).

L’inchiesta raggiunge l’obbiettivo di rinvigorire le lotte per condizioni di vita migliori nel centro storico di Bari, se ne sente l’eco a livello nazionale e vanno avanti caparbiamente fino agli anni ’70 consegnando alla storia futura la “Bari Vecchia” che ora tutti conosciamo.

Le lotte per la dignità dei baresi per la “meravigliosa Bari Vecchia” e per la futura “Sii felice, sei a Bari” passano per l’impegno, la lungimiranza e l’altruismo dei comunisti baresi. E di qualche anarchico come Enzo Del Re che rinunziando perfino a barlumi di possibili fortune personali incrociate nella vita hanno anteposto lo sviluppo della propria terra a tutto.

Enzo Del Re, non ha una strada, una piazzetta, un giardinetto dedicato alla sua memoria, né a Bari né nella sua Mola.
Sindaco Decaro, per piacere ne tragga le conseguenze (magari in occasione dell’anniversario della sua morte, il 6 giugno ).


Foto da Wikipedia: Di Simudurdu - Photo of a concert, held free in a public place, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=6768506

 

 

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