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Primo turno, innegabile la volontà di cambiamento espressa dagli elettori

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votoamministrat analisi-2019


di Gianni Nicastro

Due cose si sapevano due mesi prima delle elezioni: che gli uscenti colamusso-romagnani il primo turno se lo scordavano e che Giuseppe Valenzano sarebbe arrivato al ballottaggio con Giuseppe Rocco Poli. La sorpresa è stata che il candidato del centrosinistra sia arrivato al ballottaggio addirittura in posizione di vantaggio sul suo avversario, una cosa che si riteneva non fosse alla portata, data la storica consistenza elettorale di quell’area.

Al ballottaggio, dunque, Valenzano arriva con un consenso di 3894 voti, 494 voti -il 4,3%- in più rispetto ai 3400 voti di Poli. Solo un quarto di quei 494 voti, cioè 124, sono frutto del voto disgiunto, il resto -370- è consenso diretto al candidato e alla sua coalizione.

Un appeal elettorale che decisamente è mancato al candidato dell’ormai ex sindaco, il quale ha preso 166 voti in meno rispetto alla sua stessa coalizione (3566 voti). Che l’appeal elettorale di Poli non fosse eccezionale è stato già detto, proprio dalle pagine di questo giornale, circa un paio di mesi fa. Come Poli anche Franco Delliturri ha preso meno voti -una manciata: 36- rispetto alla sua lista; Carmine Iaffaldano e Beppe Palmino hanno, invece, come Valenzano, ottenuto più voti delle liste che li appoggiavano (rispettivamente 179 e178 voti in più).
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A mio parere, due sono gli elementi che hanno giocato a sfavore di Poli: la mancanza di contenuti politici e programmatici nelle performance e nei comizi che ha fatto come candidato e l’essere stato, nella campagna elettorale, alle spalle -cioè ecclissato- dell’ingombrante Roberto Romagno. Un Romagno che è stato sempre un passo avanti al suo candidato fino a dettargli la linea, con un mazzo di fiori in mano, il 24 scorso in Largo Mazzone. «Io ti sto affidando -ha detto il decennale sindaco- una città che ho guidato veramente con tanto amore… Ti lascio un patrimonio, ti lascio una responsabilità, sii fiero di quello che ti sto lasciando e cerca di portare avanti a testa alta il lavoro che ho portato avanti per dieci anni». Insomma, un testimone che passa dalle mani di Romagno alle mani di Poli in perfetta continuità, appunto, con gli ultimi dieci anni di amministrazione.

Franco Delliturri, con il MAR, ha confermato il suo bagaglio storico di voti che, temo, non basterà a garantirgli un seggio in consiglio comunale. Il M5S ha fatto una performance elettorale di tutto rispetto, un dignitosissimo 14,24% che porterà Beppe Palmino tra i banchi della minoranza. In consiglio comunale ci andrà anche Carmine Iaffaldano, non da sindaco, ma da semplice consigliere di minoranza.

Partito lancia in resta oltre cinque mesi prima delle elezioni, inopportunamente in anticipo sugli altri, Iaffaldano ha ottenuto un magro 13,61% con quattro liste di appoggio, facendosi superare dal M5S sia in voti al candidato che in voti alla lista. Un vero flop che non sarà facile dimenticare e che già sta creando tensione nell’area leghista degli Altieri.

E a proposito dei nostrani leghisti militanti, Nuccio e Gianvito Altieri, la loro unica consolazione è aver contribuito ad eleggere Casanova al parlamento europeo, un contributo -tra l’altro- non eccezionale: 426 preferenze. Non sono tante rispetto al vento in poppa al partito di Salvini, ma non sono neanche poche. Il vero dato è che la Lega non “sfonda" a Rutigliano,  625 voti (5,75%) non sono nulla considerando il fenomeno elettorale che il partito della chiusura dei porti, della "sicurezza", delle ruspe su campi Rom, antiimmigrati e anti-Ong, rappresenta oggi in Italia e in Europa. I 5Stelle, con il loro quasi 13%, hanno fatto da argine al potenziale risultato della lega che, alla fine, potrà contare sulla presenza di un consigliere comunale solo se Carmine Iaffaldano dovesse scegliere di dimettersi perchè l'ambizione era fare il sindaco non il consigliere, o per “ripicca” nei confronti di una città che proprio non l’ha voluto.

Intanto, vediamo cosa succede al ballottaggio tra nove giorni. L’aria che si respira in paese e quella di un cambiamento di scenario politico alla portata, di una possibilità di “liberazione” il cui profilo si intravede all’orizzonte. Vediamo, appunto, se gli elettori portano a termine l’opera cominciata col primo turno.

 

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