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Il Diavolo di Mergellina, l‘ossessione delle donne D’Avalos per gli uomini Carafa

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Avv. Giovanni Albanese

Forse Totò si ispirò alla bella nobildonna Vittoria D’Avalos quando scrisse la canzone “Malafemmina”. A Napoli si dice: «Si bella e ’infame come il Diavolo di Mergellina».  Questo proverbio indica una bellezza femminile oltre ogni immaginazione.

Di una bellezza infinita era Vittoria D’Avalos che si era invaghita del Vescovo Irpino Diomede Carafa. La bella Vittoria tentò in tutti i modi il vescovo Carafa che, forte della sua fede, resisteva alle avance della D’Avalos. Il vescovo per liberarsi dalle tentazioni, convinto di essere vittima di un maleficio del maligno, si rivolse a un esorcista il quale consigliò di convocare un artista che raffigurasse l’Arcangelo Michele.
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I colori dovevano essere impastati con un balsamo contro le fatture. L’Arcangelo Michele doveva avere il volto del vescovo Carafa ed il Diavolo quello della bella Vittoria D’Avalos. Il dipinto fu esposto in un luogo sacro, dove si trova tuttora, ovvero nella piccola chiesa del parto a Mergellina, realizzato nel 1542. La fattura fu tolta, infatti, Vittoria sposò un’altro uomo. Altra fonte, ripresa anche da Benedetto Croce, narra che fu la bella Vittoria a lasciare il vescovo, il quale sedotto ed abbandonato cadde in una profonda depressione. Solo con la realizzazione del quadro riuscirà a dimenticare la bella D’Avalos, un amore impossibile. Ecco perché il detto di «bella e 'nfame comme ’o riavule ‘ e Mergellina». Si può notare sulla roccia ove è deposto il demonio (Vittoria) la frase “Et fecit Vittoriam” ad indicare la vittoria del bene sul male, e la parola Vittoriam si riferisce anche a Vittoria D’Avalos.

Bella come Vittoria era anche Costanza D’Avalos vissuta tra il 1460 ed il 1541, che, secondo Benedetto Croce non era che la Gioconda dipinta da Leonardo e poi morta a Lagonegro durane un viaggio nelle Calabrie. La terza D’Avalos era Maria, moglie di Calo Gesualdo da Venosa. Anche Maria si invaghi di un Carafa. La loro storia finì in tragedia, infatti, Carlo Gesualdo uccise i due amanti.

La storia delle belle D’Avalos e Carlo Gesualdo si intrecciano con la nascita della cappella di Sansevero ed il Cristo Velato. Tale cappella cominciò a costruirla la madre del duca Carafa ucciso da Carlo Gesualdo. Luigi Di Gianni raccontò a Rocco Brancati di aver visto il fantasma di Maria D’Avalos all’interno del Palazzo Gesualdo a Napoli poi di proprietà dei Di Sangro. Ma questa è un’altra storia che racconterò un’altra volta.


Foto di apertura e nell'articolo di Leonardo da Pistoia - Opera propria, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=33354369

 

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