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MAHLER E MOZART AL TEATRO SHOWVILLE DI BARI

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COMUNICATO STAMPA

Nuovo appuntamento con
l’Orchestra Sinfonica della Provincia di Bari

Matthew Herbert
Venerdì, 7 dicembre 2012
Teatro Showville - Bari– ore 21.00

Venerdì, 7 dicembre 2012, alle ore 21.00, presso il Teatro Showville di Bari, l’Orchestra Sinfonica della Provincia di Bari, nell’ambito della rassegna musicale “Time Zones”, il Festival giunto alla sua XXVII edizione, accompagnerà Matthew Herbert.
L’artista inglese che rappresenta, a livello internazionale, l’ultima frontiera del concept proporrà, in una sua rivisitazione: la sinfonia n. 10 di Mahler;  a seguire, Wolfgang Amadeus MOZART: “Divertimento in re maggiore K 136”.
L’Orchestra è diretta dal Maestro Angelo Cavallaro.
I biglietti sono in vendita presso il botteghino del Teatro Showville al costo di
€ 10,00 - € 8,00 (ridotto).
Si allegano note al programma musicale.

Bari, 4 dicembre 2012


Note al programma del 7 dicembre 2012
Wolfgang Amadeus MOZART (1756 – 1791)
Divertimento in re maggiore K 136; Allegro / Andante / Presto
Nella sua copiosa produzione, Mozart usò spesso indifferentemente il termine di Divertimento e di Serenata e ci ha lasciarto diverse opere in questa forma, originariamente concepite per trio o quartetto d’archi, fiati o ancora combinazioni di strumenti vari. Nel caso del Divertimento K. 136, ci troviamo davanti a un’opera di un Mozart ancora sedicenne, composta a Salisburgo, insieme con i successivi Divertimenti K 137 e K 138 nel periodo compreso tra il secondo e il terzo viaggio in Italia ed esattamente nel 1772. Benché in sintonia con lo spirito della forma compositiva prescelta, il K 136 non ne rispetta però la struttura, articolandosi in tre movimenti anziché in quattro e più, come di consueto. Malgrado la stesura originaria della composizione sia per soli quattro strumenti, è facile notare come ci si trovi davanti a una pagina dal respiro più sinfonico che cameristico: una sorta di innovazione che testimonia inequivocabilmente la genialità del Salisburghese e la sua precisa intenzione di fare ricorso a modelli compositivi autonomi.

Gustav MAHLER (1860 – 1911) Matthew HERBERT (1972)
Ricomposizione della Sinfonia n. 10 in fa diesis minore
La Decima sinfonia di Mahler è un'opera incompiuta. L'autore ne ultimò soltanto il primo movimento, un Adagio, che venne peraltro pubblicato alcuni anni dopo la sua morte. Si tratta di un movimento dal carattere tragico e meditativo che si sviluppa su un accordo stridente puntellato da una serie di acuti di tromba; per il resto dell'opera, Mahler ci ha lasciato soltanto alcuni appunti, fra i quali una linea melodica del secondo movimento, con alcune indicazioni della strumentazione e delle armonie. Nei primi Anni '60, il musicologo Deryck Cooke utilizzò questo materiale per realizzare un'esecuzione nella quale provvide a completare gli appunti mahleriani, sino a dare all'opera una veste in apparenza finita. Nella sua versione, il cuore della sinfonia comprendeva due “scherzi” divisi da un movimento chiamato “Purgatorio”e basato sull'accompagnamento di uno dei primi “Wunderhorn lieder”. Cooke seguì un procedimento imitativo dello stile mahleriano, che però suscitò non poche perplessità nell'ambiente musicale: Leonard Bernstein, ad esempio, fu tra quanti non condivisero assolutamente questa operazione. Resta tuttavia il fascino che le opere incompiute hanno sempre esercitato sugli altri autori e compositori, che più volte si sono cimentati nel mettere le mani lì dove i loro colleghi sin erano fermati.
Nel 2010, l'azzardo è stato tentato anche dalla prestigiosa etichetta discografica Deutsche Grammophon che però, anziché commissionare un nuovo completamento della Decima sinfonia, ha preferito rivolgersi all'inglese Matthew Herbert incaricandolo di rivisitare la composizione in chiave sperimentale. Un'operazione rischiosa, senza dubbio, ma al contempo ricca di fascino, considerato che Herbert non è quello che si potrebbe definire un musicista sic et simpliciter, ma piuttosto uno sperimentatore abituato a scomporre e ricomporre il materiale sonoro con l'ausilio dell'elettronica, di algoritmi attraverso i quali la musica viene parcellizzata e riassemblata fino a suonare, se necessario, anche in maniera diversa, per non dire quasi irriconoscibile da com'era in partenza.
E' sempre Mahler questo? Domanda ardua, senza dubbio, alla quale si deve pur rispondere arrivando probabilmente a concludere che l'esperimento va ben oltre la musica, dipanandosi a livello metafisico in una ricerca dei moti dell'anima e degli struggimenti interiori dell'ultimo periodo della vita del compositore, finendo per trasformarsi in una esplorazione interiore che tende al mistico, quasi al sovrannaturale e che quindi trova la sua giustificazione nella ricerca di una trascendenza che deve necessariamente passare attraverso la trasfigurazione.

A cura di Ugo Sbisà

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