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Invito al libro, «TESTIMONI DEL MISTERO-Le reliquie di Gesù»

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Invito al libro, «TESTIMONI DEL MISTERO-Le reliquie
di Gesù» della Libreria Editrice Vaticana


Sac Pasquale Pirulli
don pasquale foto
Il libro scritto a quattro mani dai polacchi  GAZEGORZ GORNY e JANUSZ ROSIKON e recentemente stampato dalla Libreria Editrice Vaticana ha un titolo accattivante: «TESTIMONI DEL MISTERO - Le reliquie di Gesù».
Sollecitato dalle pagine splendide illustrate da foto documentarie dei luoghi e degli oggetti che ripercorrono gli ultimi drammatici avvenimenti dellala storia di Gesù di Nazaret ho ripreso in mano anche alcuni volumi presenti nella mia biblioteca.

Prima di tutto il provocatorio pamphlet di Iacques-Alibin-Simon Collin de Plancy (1794-1881) dal titolo  «Dizionario delle reliquie e delle immagini miracolose» edito da Newton Compton Editori nel 1982 con una introduzione dell’antropologo Alfonso N. di Nola e una nota bibliografica di Ireneo Bellotta. Il tono di questo storico dizionario lo si può desumere da quanto scrive a proposito delle reliquie di Gesù: “Non pretendiamo di attaccare né la Divinità né la vita, né la morale3 sublime di Gesù.- Noi avremmo desiderato che i preti avessero rispettato di più il figlio di Dio e non lo avessero abbassato fino alle nostre miserie. Non è stato possibile vantare il possesso del suo corpo, perché il Vangelo ha dichiarato espressamente  che questo corpo si trova in cielo, alla destra del Padre; viene però proposto alla venerazione dei fedeli tutto ciò che Gesù non portò via con sé al momento di lasciare la terra. Noi non ci sentiamo di sostenere con i Basilidiani che Gesù Cristo era troppo grande e di natura troppo elevata per lasciare agli uomini un prepuzio, dei capelli o del sangue, ecc.,,,; e che se quei resti appartengono a colui che fu crocifisso dal Giudei, allora vuol dire che Gesù non è morto, ma che un altro fu messo in croce al suo posto. Noi invece crediamo che fu proprio Gesù Cristo ad essere crocifisso e se non sappiamo come giudicare le reliquie di cui stiamo per parlare è per il fatto che queste sono documenta te da prove ridicole e ci presentano qualcosa che riteniamo indegna della maestà di Dio” (pp. 107-108). Sappiamo ancora che questo autore nei primi anni del secolo XIX si converte e collabora poi con il Migne nella edizione delle monumentali Patrologia Greca e Patrologia Latina e redige una nuova edizione del <<Dizionario Infernale>> pubblicato nel supplemento delle magistrali antologie patristiche.  testimoni-mistero-1

Il P. Federico Renzullo dei missionari del Prez.mo Sangue nell’anno santo1950 presso la Tipografia La Grafica di Bari dà  alle stampe il suo volume dal titolo «I Rubini della Passione». L’autore ripercorre con grande afflato di devozione e di equilibrata spiritualità le tracce delle reliquie della passione e morte di Gesù Cristo: la croce, il titolo della condanna, i chiodi, la lancia, la spugna, l’arundine (canna), il velo della Veronica, la veste inconsutile, la colonna della flagellazione, la corona di spine (la spina di Andria, della Basilica di S. Nicola in Bari), la clamide purpurea, la cintura, i sandali, la sindone di Torino, le reliquie del sangue (Ferrara Mantova, Roma). Unisce anche la descrizione dei luoghi: Getsemani, Lithostratos, Calvario e anche devote preghiere e inni trascritti in lingua latina.

Il giornalista Gòrny e il fotografo Rosikon, autori dello splendido volume stampato della LEV, nella prefazione giustificano la propria ricerca di carattere storico, sia pure condotta con la spigliatezza dell’indagine giornalistica, scrivendo: “Ogni vivente lascia dietro di sé sulla terra delle tracce materiali. È pertanto impossibile che non le abbia lasciate colui che ha avuto il più grande influsso sulla storia dell’umanità. Infatti non è un caso se noi dividiamo il tempo terreno in due parti;: prima e dopo la nascita di Cristo: La sua esistenza – nonostante quello che la propaganda marxista ha tenta to di farci credere nel corso degli anni – è fuori dubbio. Ci sono così tante testimonianze storiche, sia cristiane che pagane, talmente affidabili che non è possibile confutare l’esistenza, duemila anni fa, di un maestro ebreo chiamato Gesù di Nazareth.” A proposito degli oggetti della sua esistenza quotidiana e in modo particolare della sua drammatica vicenda di crocifisso sotto Ponzio Pilato gli stessi autori si pongono la domanda: “Se fino ai nostri giorni si siano conservati gli oggetti autentici legati alla sua vita?” e nella risposta fanno riferimento agli apostoli i quali, secondo Michael Hesemann, “Hanno incontrato ostilità e scetticismo, la loro testimonianza è stata ripetutamente negata. Pur affidandosi al potere dello Spirito Santo, sapevano che ogni uomo si aspettava delle prove per scoprire Cristo di persona. Il patrimonio materiale del Nazareno testimoniava le sue parole, aveva in sé qualcosa del poter salvifico del Signore, era un’eredità tangibile. Questi oggetti sono stati testimoni silenziosi di eventi che hanno avuto un influsso salvifico sulla storia. Hanno fatto sì che ciò che è stato raccontato si rianimasse di nuovo, perché la religione non è solo un processo intellettuale di conoscenza, ma anche un’esperienza totale e sensitiva”. I due autori non si nascondono la storia della proliferazione e della falsificazione delle reliquie durante il medioevo e la reazione promossa dalla Riforma protestante e  poi scelta come bandiera dall’Illuminismo e dal Positivismo.
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Essi per due anni hanno viaggiato nei luoghi del sacro sulle tracce delle reliquie e si sono confrontati non solo con i pellegrini devoti ma anche con gli scienziati: “Visitando i vari santuari del mondo, siamo stati più giornalisti investigativi che pellegrini. Abbiamo ascoltato con maggior attenzione la voce degli scienziati muniti di sofisticate attrezzature che i racconti dei narratori religiosi. Eppure capitava che spesso queste due strade si incontrassero0. I risultati di lunghe e dettagliate analisi, ottenute mediante tecnologie avanzate. Collimavano con ciò che era stato trasmesso dalla tradizione cristiana orale e scritta. Si è scoperto che scienza e religione non devono smentirsi a vicenda”. Non manca una annotazione polemica nei confronti di certe indagini su alcune reliquie: “Inoltre alcuni degli oggetti esaminati presentano proprietà di fronte alle quali la scienza , allo stadio attuale delle sue conoscenze, si rivela completamente impotente”.  Ci si augura che anche la scienza, proprio confrontandosi con questi oggetti, “deve riconoscersi ignorante e aprirsi alla dimensione del mistero” e i due giornalisti invitano i lettori del loro volume a “entrare in contatto con i testimoni silenziosi del Mistero”.  

I diversi capitoli del volume si soffermano su queste reliquie: la sindone di Torino, la croce, i chiodi, il sudario di Oviedo, la tunica di Argenteuil, la veste di Treviri, il velo di Manoppello, la colonna della flagellazione, la corona di spine, la lancia, i sandali i teli, il Golgota e la tomba vuota di Gerusalemme. Non mancano la visita alle città che accolgono le reliquie più documentate e il confronto con gli scienziati che le hanno esaminate. Il volume è concluso con un calendario degli avvenimenti e con un glossario dei termini.
Il fotografo Rosikon ha spiegato il suo lavoro a D. Mariusz Frukacz: “Non volevo fotografare soltanto le reliquie in luoghi diversi. Allora ho fotografato  non solo le reliquie come oggetti, ma anche lo stato d’animo della fede, la religiosità dei pellegrini intorno alle reliquie. In molti casi, le mie fotografie mostrano le emozioni presenti nei volti dei pellegrini.

Nella ricorrenza della memoria del ritrovamento della croce, assegnata tradizionalmente al 3 maggio, si fa memoria di Sant’Elena imperatrice definita “La Santa del ritrovamento della Croce”. Il volume in esame ne traccia questa scheda: “Flavia Giulia Elena (255-330) era figlia del padrone di un’osteria e in giovane età andò sposa all’ufficiale delle legioni romane Gaio Flavio Costanzo,. Ebbe da lui un unico figlio, Costantino. Il marito fece carriera nella gerarchia militare e politica. A un certo punto, per avanzare di più nella carriera, abbandonò la famiglia, divorziò da Elena e sposò Teodora, la figlia dell’imperatore Massimiano. Grazie a questo, poté diventare imperatore di Roma, daltestimoni-mistero-3 293 con il titolo di cesare e del 305 con il titolo di augusto. Nel 306 Costanzo morì durante una spedizione militare in Britannia e le legioni romane proclamarono nuovo imperatore suo figlio Costantino. Nello stesso anno Costantino portò la madre a corte conferendole il titolo di imperatrice. Elena si convertì al cristianesimo molto probabilmente nel 312, forse sotto l’influsso di Costantino (oppure il contrario). Nel 325, dietro richiesta del figlio, intraprese la spedizione in Terra Santa durante la quale vennero ritrovate le reliquie della Santa Croce. Era famosa la sua generosità verso i poveri, la cura dei prigionieri e l’attenzione per gli esuli. Morì il 18agosto 330. È venerata come santa sia dalla Chiesa cattolica che da que3lla ortodossa con il titolo di <<pari agli Apostoli>>… Nell’iconografia orientale sant’Elena è solitamente raffigurata in abiti imperiali con la corna in testa o in abiti lussuosi e con uno scialle bianco in testa. Ha sempre con sé la croce che spesso porta insieme a Costantino. Anche nell’arte occidentale gli attributi dell’imperatrice sono di soluto la croce, i tre chiodi e il modellino di una chiesa”. (p. 77)

Sarà bene alla fine rileggere quanto gli autori scrivono a proposito del ritrovamento della croce da parte di Sant’Elena: “A Gerusalemme Elena supervisionò gli scavi e i lavori di costruzione durante i quali furono rivenute tre croci di legno con tre chiodi. Erano nascoste in una vecchia cisterna situata vicino al Golgota, cioè il monte Calvario, dove venne crocifisso Gesù. Il posto del ritrovamento appare comprensibile alla luce della conoscenza delle norme religiose ebraiche. Tutto ciò che era venuto in contatto con il defunto doveva essere considerato impuro e non poteva rimanere all’interno delle mura della città., specialmente alla vigilia della Pasqua. Nessuna meraviglia quindi se le croci, che erano state a contatto con i cadaveri, fossero gettate in una cisterna che si trovava fuori delle mura cittadine. Ben presto Elena e i suoi consiglieri  dichiararono di aver trovato gli strumenti autentici del supplizio di Cristo e dei due ladroni. Eusebio di Cesarea nella sua Vita di Costantino, scritta tra il 338 ed il 340, cita la lettera dell’imperator5e al vescovo Macario nella quale l’imperatore scrive di aver dissotterrato «la testimonianza della santissima passione di Cristo, rimasta sotto terra per così lungo tempo». Dal momento che le reliquie furono ritrovate il 14 settembre  (del 325), la Chiesa cattolica, a ricordo di quell’evento, celebra in questo giorno la festa dell’Esaltazione della santa croce del Signore.” (pp. 81-82)

Nel tempo a questa prima festa si aggiunge quella del 3 maggio come rinvenimento (invenzione) della croce. Ultimamente la riforma del calendario liturgico, sancita dal papa San Paolo VI nel 1970, in esecuzione della costituzione sulla Liturgia del Concilio Vaticano II, ha eliminato i doppioni di dubbia storicità (al 3 maggio è segnata la festa dei Santi Apostoli Filippo e Giacomo) e ha mantenuto la festa dell’Esaltazione della Croce al 14 settembre data della dedicazione della Basilica del S. Sepolcro e anche del ritrovamento delle reliquie nella caverna vicino al monte Calvario e alla tomba che Giuseppe d’Arimatea offrì per la sepoltura del crocifisso Gesù di Nazarreth.   
      
Chiudiamo questa nota bibliografica con il riferimento  al ponte che porta a Castel S. Angelo a Roma, punteggiato dagli angeli che sorreggono gli strumenti della passione e che sono della scuola  di Gian Lorenzo Bernini, rileggendo i versi in romanesco di Mario Dell’Arco:

            PONTE DELL’ANGIOLI
È cascato pe’ sbajo sopra ar Tevere.
L’Angioli, boni, boni
Se so appollati su li murajoni;
e de guardia a l’imbocco
ce stanno li Capoccia de la nave:
S. Pietro co’ la chiave,
S. Paolo co’ lo stocco.
        Sotto ar sole S. Pietro corre er rischio
        de scottasse la coccia,
        e un ber giorno se scoccia:
        soffia drento a la chiave e manna un fischio.
Qui S. Paolo, deciso,
taja la corda all’ancora;
e l’Angioli, al segnale, aprono l’ale
e riportan er ponte in Paradiso.

 


                           

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