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Cerimonia di donazione dei cimeli di guerra di D. Messeni

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di Teresa Gallone

Bari 22 novembre. Già ospite di Rutigliano, il professor Emanuele Messeni ha presentato la sua opera “Anche a Pove c’erano gli ulivi. Storia di Domenico Messeni, giovane pugliese nella bufera della Grande Guerra” (edizioni Dal Sud) presso il museo del Sacrario dei Caduti d’Oltremare. Una solenne cerimonia di donazione di cimeli appartenuti a Domenico ha preceduto l’incontro.

Dietro l’ufficialità del gesto, il commosso ricordo dello zio nella parole della nipote, sorella del professor Messeni, che tiene a precisare quanto la donazione sia stata fatta con l’obiettivo di spronare i giovani ora coetanei di Domenico Messeni a riscoprire i valori per i quali egli si è immolato.

Tra gli oggetti del caduto nostro concittadino, testimoniano il suo ardimento le due medaglie d’argento, una per la vittoria conseguita durante la battaglia dei Tre Monti (post Caporetto) e un’altra consegnata durante una “bella giornata di sole” (queste le parole di Aminto Caretto, superiore di Domenico Messeni) il 10 marzo 1918. L’inizio dell’incontro è stato sancito dalle note dell’Inno d’Italia cantato dal coro “Stelle Alpine” diretto dal maestro Paolo Romano e dalla breve introduzione del direttore del Sacrario, il Ten. Col. Donato Marasco.
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Scevro di ogni formalità, come Emanuele Messeni ha sottolineato durante il suo intervento, l’incontro si è aperto con l’interessante e personale interpretazione del Gen. B. Natalino Madeddu, comandante del C.M.E. “Puglia” e soprattutto ex comandante della Brigata Sassari, la stessa in cui militò Domenico Messeni. Ciò che il Gen. Madeddu ha lodato dell’opera è l’approfondimento del peculiare modo di vivere un evento tragicamente collettivo quale la guerra nei singoli e nei nuclei famigliari d’appartenenza.

Il professor Messeni ha privatamente confermato la volontà dar voce al sentimento incompreso e travisato dell’amor di patria nella domanda postagli prima della presentazione a proposito del suo status emotivo nei confronti del protagonista del suo libro. Domenico Messeni non è stato immolato coattivamente e acriticamente bensì ha consapevolmente scelto il suo percorso e la sua morte precoce ha causato un “grumo di dolore” – queste le parole di Emanuele Messeni che per decenni ha gravato sulla famiglia, ostacolando l’approccio dell’autore. Lo sprone a ricollocare il tassello mancante nella “costellazione familiare” è arrivato dopo un colloquio con la dottoressa Paola Iodice.

La destinazione dell’opera proviene proprio da questo percorso che ha portato non solo lo scioglimento del dolore familiare ma anche la volontà di delineare quella che fu la generazione di Domenico Messeni: l’opera è rivolta ai coetanei odierni del caduto affinché abbiano conoscenza di ciò che fu la Grande Guerra. Il professor Messeni a questo proposito cita le parole tratte da una lettera del Ten. Ferrero, caduto sull’Ortigara: “cimeli-guerra-messeni-2Parlate di me ai miei fratelli - parlate di me, morto a 20 anni per la Patria. Sforzatevi di risvegliare in loro il ricordo di me… ché è doloroso il pensiero di venire dimenticati da essi.”
Il Gen. Madeddu ha posto in luce ulteriori punti interessati dell’opera, la circolarità innanzitutto.

Questa caratteristica è ravvisabile nel simbolo degli ulivi che accompagna nascita e morte di Domenico e nel suo rapporto di fratellanza con il Maggiore Messe (pugliese, di Mesagne) tra le cui braccia spirerà il 25 ottobre 1918. In armonioso contrasto con la circolarità ci sono le contraddizioni del personaggio, gli agiati natali e la prospettiva di un futuro prospero che non lo soddisfano.

In Domenico Messeni scatta il desiderio di rendere reale ciò che ha appreso durante il suo percorso educativo (frequentò il Liceo Ginnasio “Domenico Morea” a Conversano) improntato al culto della patria e dell’epica bella morte e perciò confrontarsi con la responsabilità della vita e del comando. Domenico Messeni ha dunque condiviso con i suoi coetanei obiettivi e dolorose esperienze con consapevolezza e la “grammatica della sofferenza” –  anche la signora Messeni lo confermerà rispondendo all’invito a rendere note le sue sensazioni a proposito della cerimonia ha livellato qualsiasi differenza facendo nascere la vera Italia.

Il professor Messeni è arrivato a tale conclusione grazie al suo percorso di ricerca delle fonti attinte dai svariati archivi (l’archivio di Stato Maggiore, quello dell’ex collegio vescovile a Conversano, l’archivio concittadino) ma soprattutto da una moltitudine di lettere inviate o meno dai soldati alle loro famiglie. Dalla corrispondenza è emersa la volontà e l’impegno comune (si ricordi la moltitudine di soldati analfabeti) a comunicare e rendere partecipi la famiglie delle tragiche esperienze.

L’incontro si è chiuso su questa scia, il professor Messeni cita un passo del commiato della sua opera a proposito delle energie positive generate dalla guerra, l’abnegazione e il senso di fratellanza di cui Domenico Messeni è simbolo e monito in circostanze odierne così problematiche.

Elenco dei cimeli donati dalla famiglia Messeni al Sacrario dei Caduti d’Oltremare.
• Pistola fuori ordinanza, belga, Browning 1900 (la stessa che uccise Francesco Ferdinando d’Austria)
• Pugnali da Ardito
• Daga austriaca, preda di guerra
• Sciabola della Guardia Nazionale, proprietà della famiglia Messeni, risalente al II 800




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