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A LEZIONE DA VINICIO CAPOSSELA

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Occhiali scuri e voce sommessa. Colpa dell’ora, della serata in concerto e della mattina che è giunta troppo presto a svegliarlo. Centinaia di studenti lo attendono impazienti, perché capita assai raramente l’occasione di assistere ad una lezione di Vinicio Capossela. A partire dal suo ultimo lavoro “Marinai, Profeti e Balene” -vincitore della Targa Tenco come miglior album 2011- il cantautore si è raccontato ieri al suo giovane pubblico, navigando attraverso le suggestioni che derivano dalla letteratura (soprattutto quella di mare), dalla musica, dai sentimenti, dalle tradizioni.

Ed a Bari non c’è nulla di più tradizionale del culto di San Nicola, «un Santo bipartisan perché unisce la Chiesa d’Oriente a quella d’Occidente» e soprattutto capace di dare protezione ad un’ampia categoria di persone, «ma per me San Nicola è soprattutto colui che si occupa delle vittime dei propri errori e probabilmente una cosa da imparare da lui è la convivenza con l’errore, che è ciò che ci fa conoscere meglio noi stessi; spesso l’errore ci appare come tale, ma poi si rivela un ampliamento delle possibilità, una vera e propria ricchezza».

Capossela ha poi parlato delle letture che hanno influenzato il suo percorso artistico e personale, dichiarando senza mezzi termini di non essere un buon lettore e di aver letto solo pochi libri dall’inizio alla fine: ha amato la coraggiosa debolezza di Lord Jim, ha apprezzato la sinuosa architettura di Moby Dick, si lascia incantare dalla meravigliosa letteratura di mare, soprattutto da quella più visionaria, e trae molta della sua ispirazione dall’epica, dalle opere che colgono l’uomo nello sforzo -vano- di raggiungere la perfezione.

La musica, le origini, la religione, l’amore … il poeta-musicista non si è risparmiato, concedendo agli studenti la possibilità di esplorare fino in fondo il senso di un viaggio che non è mai compiuto veramente fino al momento del ritorno e durante il quale rimane sempre molto elevato il rischio di cadere nella trappola del canto smisurato delle sirene. C’è un modo per salvarsi? «Sì, aggrappandosi all’abitudine che dà forma alle cose».

Sullo sfondo di una geografia emotiva sempre ben delineata, Capossela ricorda Enzo del Re e Matteo Salvatore, indaga il rapporto dell’uomo con ciò che non conosce, si mantiene in bilico tra il finito e l’infinito, convinto, come recita in una delle sue canzoni, che «tutto è bene quel che non finisce mai». Vale anche per l’amore, vissuto come libertà di movimento oltre il recinto, oltre un limite dato.

Così egli costruisce la sua musica, a partire da ciò che ha, ma anche da ciò che non ha; dalle cose che sa e da quelle che preferisce non sapere; dalle domande che lo spingono a partire e da quelle che lo spingono a tornare. Speriamo presto.


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