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SE SOLO CI FOSSE PIU’ CULTURA …

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Pochi giorni fa, l’estate ha trionfalmente fatto il suo ingresso, illuminata dal sole che abbronza i fortunati già in corsa per un posto sulla spiaggia.

Intanto, procede lo studio come procede il lavoro e gli uffici comunali, probabilmente in tutta Italia, si attrezzano per garantire ai propri cittadini un’estate che lasci il segno, più nel bene che nel male.
Difficile accontentare tutti, più semplice non accontentare nessuno, nonostante richieste non troppo pretenziose e necessità fin troppo evidenti.

Gli eventi degli ultimi giorni hanno portato Rutigliano a riflettere sulla sterilità del terreno in cui ha affondato le proprie radici, sulla necessità di un cambiamento che assicuri a tutti un futuro più floreo, sulla durezza della corteccia che occorre grattare per lasciar emergere la bellezza di un paese a cui ognuno di noi, più o meno consapevolmente, è legato.

Il problema è, a detta di molti, culturale. Bene, se davvero è così, non c’è momento migliore per affrontarlo: il caso Spasso, la questione Lama, l’emergenza grandinata, la trepidante attesa dell’“E…state Rutiglianese” offrono gli stimoli giusti per capire in quale direzione stiamo andando e verso quale meta vorremmo dirigerci.

A chi pensa che parlare di cultura equivalga semplicemente a relazionare dell’ultimo libro pubblicato o della più antica mostra presentata (entrambi assolutamente indispensabili alla crescita personale e collettiva), rispondiamo che, se così fosse, Rutigliano sarebbe uno dei centri più quotati della Provincia. In questo senso, la vera cultura consisterebbe, piuttosto, nel distinguere gli intellettuali appassionati dagli appassionati occasionali, il libro scritto e pensato dal libro scritto e basta, la ricerca sul campo dalla ricerca forfettaria.

Ora, però, andiamo oltre e corrediamo la voce “cultura” di termini quali rispetto, tolleranza, ascolto e condivisione. Quale immagine di Rutigliano viene fuori? Vediamo.

Viviamo in un paese in cui l’amministrazione litiga anche quando è d’accordo, si contorce tra infinite parole e si perde tra i pochi fatti. Dov’è il rispetto per la comunità?
Viviamo in un paese in cui se i giovani partecipano alla “Sagra del Carciofo” (che per fortuna o sfortuna ancora non è stata istituita) sono dei bravi ragazzi, ma se partecipano ad una “Serata Pink Floyd” sono tutti drogati. Perché i Pink Floyd erano drogati. Dov’è la tolleranza?
Viviamo in un paese in cui il contadino dice “Io soffro”, l’operaio dice “Io soffro”, lo studente dice “Io soffro”, ma nessuno sa poi riferire quali siano effettivamente le necessità dell’altro. Dov’è l’ascolto reciproco?

Viviamo in un paese in cui 51 sono le associazioni regolarmente iscritte all’Albo Comunale, ma ciascuna è chiusa in sé stessa, come se non ci fosse nulla per cui lottare unite. Dov’è la condivisione?
Fermiamoci qui e meditiamo, perché in effetti il problema è culturale: risolverlo o ignorarlo dipende solo da noi.

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