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“MURO DI BERLINO” O STRUTTURA IN PRECARIO?

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di Gianni Nicastro

Vittorio Berardi
, consigliere comunale di minoranza, leader dell’opposizione e del centrosinistra rutiglianese, “attenzionato” dal dirigente dell’ufficio tecnico del comune di Rutigliano per via di una recinzione realizzata senza titoli abilitativi. Questa è, in sostanza, la contestazione che l’ing. Erminio D’Aries muove al cittadino Berardi e sulla base della quale il 29 maggio scorso ha emesso una ordinanza di demolizione. “Entro e non oltre 90 giorni”, intima D’Aries, “trascorsi i quali si provvederà d’ufficio con l’addebito delle relative spese”, non solo. “Decorso infruttuosamente il termine suindicato”, scrive ancora l’ingegnere comunale, “la recinzione e l’area di sedime della stessa (…) saranno acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio pubblico”.

Cosa ha costruito il consigliere per meritare una formale denuncia sporta (non si sa da chi) “presso il comando di P. M. in data 15.05.2012”, ce lo dice la stessa ordinanza: “è stato innalzato un assito formato di travi (10 mm x 10 mm) in acciaio zincato, aventi una altezza di ml 6,00 per una lunghezza di ml 39,00 circa”. “la struttura -continua l’ordinanza- è stata rivestita di telo ombreggiante di colore verde e addobbato con rami e fiori finti”.

Non si tratta dunque di un muro, ma non è neanche “una semplice ringhiera (…) atta a delimitare un fondo”, dice ancora l’ing. D’Aries. Di fronte a cosa siamo allora. Trattasi di “una struttura atta ad assolvere funzioni diverse, tali da impedire l’introspezione ed il passaggio di luce”, struttura per la quale, sempre secondo l’ingegnere, il Berardi avrebbe dovuto chiedere un permesso di costruire.

Da quella odinanza ad oggi è intercorso un carteggio tra l’ufficio tecnico e i proprietari della recinzione. Che si tratti di una recinzione è evidente sin dall’intestazione dell’atto amministrativo: “Ordinanza di demolizione recinzione metallica…”. Per questa recinzione, obiettano i proprietari, non era necessario il permesso di costruire, bastava una semplice dichiarazione di inizio attività (DIA, attualmente SCIA), dichiarazione che manca, ammettono gli stessi proprietari. Al limite, sostengono, ci sarebbe da comminare una sanzione amministrativa e non da ordinare la demolizione con il ripristino dello stato dei luoghi.

D’Aries dice, invece, che l’opera incide “sull’assetto urbanistico del territorio”, rilievo di fronte al quale gli interessati rispondono che hanno il diritto di recintare il proprio fondo e che questo è avvenuto senza l’utilizzo di materiali impattanti con l’ambiente (come cemento o mattoni), quindi la struttura in questione non avrebbe cambiato la destinazione urbanistica di quell’area.
Secondo l’ingegnere comunale “l’opera realizzata, per la sua estensione e natura, si configura -invece- come nuova costruzione ai sensi di quanto previsto dall’art. 3 comma 1 lett. E) del D.P.R. 380/2001”. Il rilievo qui è preciso, così come precisa è la norma a cui si fa riferimento.

Abbiamo dato una occhiata ad articolo, comma e lettera citati nell’ordinanza e, francamente, ci risulta difficile intrevvedere nelle tipologie ivi indicate una struttura del tipo realizzata dal consigliere Berardi. Per “interventi di nuova costruzione” quel comma indica “manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l'ampliamento di quelli esistenti”, “interventi di urbanizzazione primaria e secondaria”, “la realizzazione di infrastrutture e di impianti” che trasformano permanentemente il territorio, “l'installazione di torri e tralicci” di telecomunicazione,  “l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati” come “roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni”; “gli interventi pertinenziali” con oltre il “20% del volume dell'edificio principale”, “la realizzazione di depositi”, gli "interventi di ristrutturazione urbanistica” che modificano il “disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale”. Insomma c’è tutto tranne che una recinzione di quel tipo o qualcosa che possa essere, in qualche modo, riconducile ad essa.

La contestazione dell’assenza di permesso di costruire che l’ingegnere muove al Berardi per quella recinzione sembra, dunque, una forzatura, perché l’idea che si ha a vedere quei pali e quel “telo ombreggiante color verde” è quella di essere di fronte più ad una struttura in precario, smontabile in qualsiasi momento, che ad una nuova costruzione così come la intende la legge citata dallo stesso D’Aries.

E qui si apre un capitolo interessante. I proprietari sostengono che quella recinzione altro non è che una struttura in precario così come definita all’articolo 34 delle norme tecniche del PRG, articolo il cui concetto di precarietà è stato interpretato in modo autentico proprio dall’ingegnere comunale con una delibera ad hoc portata in consiglio comunale e approvata dalla sola maggioranza. Vicenda, questa, che ha fatto scalpore perché -grazie a quella interpretazione autentica del concetto di precarietà- un altro privato cittadino vorrebbe sanare un abuso edilizio contestatogli dall’Autorità Giudiziaria.

Ci sarebbe da chiedersi perché, per realizzare una struttura tipo grande copertura in legno lamellare, retta da pilastri in acciaio bullonati su un muro di cemento, è bastata una semplice DIA, e per realizzare una struttura molto più leggera, tipo recinzione verticale in pali di acciaio e telo verde ombreggiante, bullonata a un muro di cemento, dovrebbe volerci un permesso di costruire.

In altri termini, la recinzione del consigliere Berardi su via Mediterraneo può essere definita “struttura in precario” come quella del sig. Pietro Giglio su via Paisiello? I proprietari, in un’altra lettera inviata a D’aries, sollevano proprio questo problema: quella recinzione risponde al concetto di precarietà autenticamente interpretato nella delibera di consiglio n. 53 del 20 settembre del 2010, non si capirebbe, dunque, per quale motivo quella stessa interpretazione varrebbe per un cittadino e non varrebbe per un altro.

Ora, ciò che ci ha spinti ad approfondire la questione e a porci qualche interrogativo, sono alcuni elementi della vicenda che stiamo raccontando. Intanto il fatto che ad essere incappato in un provvedimento che suscita una certa dose di perplessità -per i toni e per la sostanza- è il leader dell’opposizione consiliare. Poi, il momento in cui arriva l’ordinanza.

Quella recinzione è li da oltre una decina d’anni, come mai viene contestata proprio oggi?
Qui la concettura si fa ancora più interessante. La data della denuncia fatta ai Vigili urbani, da cui muove l’ordinanza, è del 15 maggio scorso, data che segue di tre giorni l’articolo con cui su Rutiglianoonline si dà notizia del sequestro della villa del dirimpettaio di Berardi costruita, in qualità di imprenditore edile, da un assessore della giunta Romagno, articolo pubblicato il 12 maggio. E’ proprio sotto quell’articolo che alcuni, anonimi, commentatori, cominciano a sollevare il caso del “muro di Berlino”, dell’abuso edilizio che avrebbe commesso il consigliere di minoranza in riferimento alla recinzione in questione. Tre giorni dopo quell’articolo e quei commenti c’è una denuncia, quattordici giorni dopo arriva l’ordinanza di demolizione.
La storia è davvero intrigante, consentitecelo.

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