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Attenzione alle querele, si può essere condannati per calunnia

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querela-rimessa

 

 di Gianni Nicastro

«“Ha calunniato un giornalista con una querela infondata”: l’ex eurodeputato Fabrizio Bertot (FdI) condannato a un anno e quattro mesi», questo è il titolo di un breve articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano martedì scorso (qui).

Per giornalisti e giornali quello delle querele è un problema serio, significa avvocati e processo nel caso le querele non vengano archiviate; e avere una querela per diffamazione sul groppone non è una cosa semplice, sul piano della tranquillità personale e anche sul piano economico. Per quanto di una querela si possa pensare che sia temeraria, priva di fondamento, il semplice fatto di avercela procura una tensione non piacevole, una preoccupazione di fronte all’incognita di un eventuale processo. Insomma, una querela significa che chi la riceve è trattato da imputato, nello specifico di un reato previsto dal terzo comma dall’art. 595 del Codice Penale.

Quella breve notizia del Fatto Quotidiano ci dice che un ex eurodeputato ha querelato un giornalista per un articolo di cronaca giudiziaria e che il PM (Pubblico Ministero), cioè il magistrato che ha indagato sul caso, “non solo” ha “archiviato la posizione” del giornalista “per via della sostanziale correttezza del servizio, ma” ha “aperto d’ufficio un procedimento per calunnia contro” il querelante.  Qui il giornalista querelato, alla fine, “si è costituito parte civile” nel processo al calunniatore.

Non ho mai voluto parlare delle querele che mi sono piovute addosso, ma quel breve articolo mi ha sollecitato alquanto anche perché, l’ultima querela, si è chiusa qualche giorno fa.

In qualità di direttore e di giornalista autore di articoli, in dodici anni di attività del giornale web Rutiglianoonline, sono stato querelato tre volte e minacciato di querela un sacco di volte. I tre articoli miei querelati non contenevano nessun insulto, nessuna allusione a cose brutte o illegali. In un solo caso c’è stato un errore mio di trascrizione dagli appunti all’articolo che dava assente un pubblico ufficiale in una udienza penale mentre, in realtà, era presente. Un mero errore che poteva essere tranquillamente riparato con una richiesta di rettifica che io avrei fatto chiedendo dieci volte scusa. Alla fine quell’errore è stato capito dal querelante e la querela è stata rimessa.

La seconda querela ha riguardato un articolo di cronaca politica, anche qui senza nessuna sbavatura sul piano della correttezza giornalistica e della veridicità dei fatti (in realtà l’oggetto della querela sono stati i commenti). Questa seconda querela è stata archiviata la prima volta, archiviazione impugnata dal querelante e per la seconda volta archiviata.

La terza querela è dell’anno scorso e ha riguardato sempre un mio articolo di cronaca politica. Anche questo articolo non ha insultato nessuno, tantomeno il querelante, non ha adombrato sospetti su nessuno, non ha leso la reputazione di nessuno tant’è che il PM l’ha archiviata con questa motivazione: “(…) nel caso che ci occupa, pur ravvisandosi la sussistenza di toni polemici nei confronti  (…) essi non appaiono trascendere i limiti del legittimo esercizio del diritto di cronaca, nella particolare  accezione di critica politica, come enucleata dalla richiamata giurisprudenza di legittimità”. Quindi nulla che non rientrasse nel pieno diritto di cronaca e di critica politica del giornalista.

Il querelante ha fatto opposizione all’archiviazione della sua querela e il giudice per le indagini preliminari ha fissato l’udienza in Camera di Consiglio agli inizi di marzo 2024. A questo punto, il mio avvocato ha presentato memorie difensive con allegati a suffragio dell’inconsistenza della querela.

Due giorni prima dell’udienza di appello, per tramite di un’altra persona, il querelante mi ha fatto sapere della sua intenzione di ritirare la querela e mi ha chiesto, sempre tramite quella persona, se volevo accettare la sua remissione.

Io potevo rifiutarmi di accettare la remissione e puntare alla definizione della vicenda in tribunale per la certificazione ufficiale dell’inconsistenza della querela e, quindi, della sua definitiva archiviazione attraverso una sentenza. E, in effetti, ho seriamente pensato di arrivare fino in fondo sicuro, dopo la prima archiviazione -motivata, poi, a quella maniera- che l’appello avrebbe confermato l’archiviazione. Ma, alla fine, ha prevalso il senso di civiltà di un giornalista che preferisce le battaglie sulle idee a quelle nei tribunali, che preferisce le battaglie sui temi, sulla politica, sulle questioni amministrative dalle “colonne” di un giornale e non dalle memorie difensive, dagli atti di accusa e dalle carte bollate. Alla fine, dunque, ho accettato la sua remissione.

Io spero che, da questa vicenda, chi ha mosso la querela ne abbia tratto una lezione di vita.

 

Commenti  

 
# cittadino 2024-03-23 08:22
Bravo,la cultura delle idee si fa' col cervello e non in una fredda aula.
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