Intervista al rutiglianese Michelangelo Dell’edera, team manager nazionale tennis

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di Tino Sorino

Cresce sempre più la curiosità, fra i cittadini di Rutigliano, della Puglia e del mondo, di conoscere più a fondo il rutiglianese Michelangelo Dell’Edera che, dopo la vittoria azzurra della seconda Coppa Davis, è salito agli onori della cronaca internazionale, conquistando a Malaga l’ambitissimo trofeo.
Ho rivolto, pertanto, a Michelangelo alcune domande. Ciò che colpisce è il grande amore per il suo lavoro e per il suo paese natale.

Quali sono stati i traguardi più significativi raggiunti come tennista?
Sono stato in seconda categoria, ho giocato in serie A e B con l’Angiuli a Bari. Aver giocato con Stefan Edberg e Svensson è stato un momento agonistico importante per la mia carriera sportiva. Dopo i miei 18 anni, all’epoca per giocare a tennis bisognava avere molti soldi e girare l’Italia e, purtroppo, non era il mio caso. Decisi allora di smettere lì la mia carriera.

Quando e con chi hai iniziato la tua attività di team manager?
Intanto, c’è da dire che io sono il Direttore dell’Istituto Superiore di Formazione “Lombardi”, sono il direttore di tutti gli insegnanti di tennis italiani e sono responsabile del settore Under 16 maschile e femminile della Femichelangelo-delledera-interv -1derazione. Ho visto crescere questi ragazzi, Jannik, piuttosto che Sonego, piuttosto che Musetti, e, nel mio secondo anno di attività di team manager, era quasi fisiologico, i risultati non sono mancati: l’anno scorso in semifinale e quest’anno la vittoria. Non posso assolutamente lamentarmi.

In che cosa consiste praticamente il tuo lavoro?
Il compito di team manager è quello di mettere nelle condizioni migliori gli atleti e di ricevere le informazioni di tutti i professionisti della squadra. Ed è anche quello di coordinare i preparatori mentali e i preparatori fisici, di aver contatto con gli allenatori degli atleti convocati, di parlare con Umberto Rianna (viceallenatore e consulente) e con Filippo Volandri, il capitano, ed anche di coordinare lo staff medico. E’ un anello di congiunzione, il mio ruolo, tra tutte le aree che concorrono a mettere gli atleti nelle condizioni di esprimersi nel miglior modo possibile.

Qual è il tuo rapporto con i ragazzi e, in particolare, con il campione che oggi tutti ci invidiano, Jannik Sinner?
L’ho visto crescere fin da quando aveva 10 – 11 anni: è un rapporto di grande stima reciproca.  Lui è’ un campione sia in campo che fuori dal campo. Per quanto riguarda il rapporto che ha con me è di grande rispetto, perché mi conosce come insegnante di tennis, come maestro e come tecnico. Quindi c’è un rispetto assoluto nei confronti anche della mia figura di maestro di tennis oltre che di manager.

Ci puoi raccontare qualcosa in più o un aneddoto in particolare sul giovane fuoriclasse Sinner?
Dopo aver finito il doppio e aver vinto con la Serbia, sono entrato negli spogliatoi e gli ho detto: Jannik sei bravissimo ma sappi che ci hanno fatto una multa per colpa tua. Lui era molto preoccupato di questo e mi disse: ma Maestro, perché ci hanno fatto la multa? Perché, gli risposi, sei andato oltre i imiti di velocità consentiti in campo. Hai tirato dei servizi e dei dritti che superavano la velocità … Siamo scoppiati insieme a ridere … e abbiamo scherzato su questi dritti straordinari che Jannik ha giocato anche in doppio e che hanno superato i 160 km all’ora. michelangelo-delledera-interv -2 

Qual’ è stato per te il momento più emozionante di tutta la Coppa Davis 2023?
Sono stati diversi: il primo, quando abbiamo perso con il Canada 3 a 0, la prima giornata. Un po' tutto il movimento ci aveva fatto il funerale, pensavano che non ci saremmo più qualificati a Malaga. Quindi, il giorno dopo questa partita persa, ci sono stati altri momenti forti di emozioni contrastanti, positive e negative. Però, poi, abbiamo fatto un’autocritica importante e abbiamo lavorato ancor di più con grande generosità e siamo riusciti a mettere insieme una energia straordinaria, positiva nel gruppo. Dopo aver vinto una partita importante con il Cile, dove abbiamo rischiato di uscire, abbiamo avuto la consapevolezza di una squadra forte e, poi, dopo la vittoria a Malaga contro l’Argentina e la Serbia, abbiamo avuto finalmente la convinzione di aver raggiunto l’obiettivo.

A proposito della prima storica vittoria della Coppa Davis, ci vuoi raccontare, magari con qualche dettaglio in più, di quegli emozionanti momenti da te vissuti nel 1976 a Rutigliano, nel circolo tennis, quando dodicenne esultasti nel vedere in televisione bianco e nero la vittoria degli azzurri?
Avevamo la sede vicino all’attuale caserma dei Carabinieri perché la sede del circolo tennis “Azetium” di Rutigliano si trovava non accanto ai due campi da tennis, vicino allo stadio di calcio. Andavamo lì la sera, ci incontravamo e giocavamo a ping pong. Fu lì che vedemmo la finale di Coppa Davis. Furono momenti forti ed emozionanti, vissuti  a notte fonda in bianco e nero, anche perché era la prima volta che l’Italia vinceva questo grande trofeo. Un altro ricordo indelebile fu la mia prima racchetta da tennis comprata dal tabaccaio Cesarino. Me lo ricordo come se fosse ieri perché fu la mia prima racchetta da tennis       
      
Riesci a trovare il tempo per tornare a Rutigliano e incontrare i vecchi amici?
Purtroppo mi capita raramente. Sono molto legato al paese e agli amici e perciò mi manca quell’affetto che comunque ritrovo passando per il centro storico e incontrando gli amici di persona. Mi manca la festa patronale, mi manca la visita ai Cappuccini per andare a trovare il Crocifisso, mi mancano un bel po' di cose. Spero nei prossimi mesi di poter avere l’opportunità di venire a Rutigliano. La prima tappa rimane sempre la pasticceria Verna, un incontro “dolce” a cui non posso rinunciare e al di là dell’incontro “dolce” non posso non salutare Vito, una persona davvero speciale.  

Dove andrà il tennis italiano nei prossimi anni?
Vinceremo sicuramente un altro paio di volte la Coppa Davis, vinceremo lo Slam ma anche la Medaglia d’oro alle Olimpiadi, perché abbiamo dei ragazzi straordinari. Quindi il futuro del tennis italiano è roseo.


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