“Bella ciao”, storia e origini di una canzone simbolo della libertà

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di Teresa Gallone

L’abbiamo cantata questo 25 aprile con uno slancio diverso e in qualche modo più intenso, la canticchiamo spesso e fuori dalla festività che rappresenta, i più giovani l’hanno riscoperta grazie alla versione proposta da una nota serie televisiva. “Bella ciao” non ha subito i segni del tempo che passa, anzi, conserva il vigore della gioventù e smuove animi e cuori come sempre.
Ma qual è la sua storia? Dove e quando è nata la canzone simbolo della Resistenza? Scopriamolo insieme.

Gli studi
A ricostruire le poco chiare origini di musica e testo di “Bella ciao” è “Bella ciao. La canzone della libertà” (Add Editore, 2016), un interessante lavoro di Carlo Pestelli, dottore di ricerca in Storia della Lingua e musicista. Citiamo anche Cesare Bermani con “La vera storia di Bella ciao” in “Guerra guerra ai palazzi e alle chiese. Saggi sul canto sociale” (Odradek, Roma, 2003) e con “Bella ciao. Storia e fortuna  di una canzone: dalla resistenza italiana all’universalità delle resistenze” (Interlinea editore 2020) ed Enrico Strobino con “Il gomitolo di Bella ciao. Dialogo immaginario tra un ricercatore e una bambina” (Musicheria.net, 2006).

Le origini della canzone
Come si intuisce anche dal titolo del contributo di Enrico Strobino, si tratta di una «canzone gomitolo» in cui molti fili della storia si riuniscono. Secondo la ricostruzione di Pestelli, il testo di “Bella ciao” avrebbe delle somiglianze con alcuni canti del Settentrione. Inoltre il testo avrebbe delle somiglianze con “Fior di tomba”, una canzone popolare sentimentale in cui appaiono un incipit e un tema molto simili. Per quanto riguarda la musica, lo studioso ha individuato delle somiglianze nel ritmo con un’altra canzone popolare, “Bevanda sonnifera”. Ci sarebbero inoltre delle assonanze con “Koilen”, un brano klezmer, genere musicale degli ebrei aschenaziti dell’Europa Orientale, inciso nel 1919 a New York da Mishka Ziganoff, un musicista ebreo originario di Odessa in Ucraina.

La storia di un simbolo:
l’invenzione della tradizione

A proposito della popolarità di “Bella ciao”, Bermani ha parlato di «invenzione della tradizione». Il brano infatti non sarebbe stato conosciuto da tutti i partigiani italiani ma solo da alcunti della zona di Reggio Emilia e di Modena, oltre che da alcuni componenti di una brigata abruzzese arrivata in Emilia e da altri combattenti  provenienti dalle Langhe piemontesi. A questo proposito, Carlo Pestelli sottolinea che la canzone non derivi dal canto delle mondine, le operaie raccoglitrici del riso e che la loro versione diventò famosa solo negli anni Cinquanta. È proprio al decennio post bellico che si deve la notorietà della canzone: la Resistenza andava spogliata di tutte le connotazioni partitiche. Come movimento universalmente umano per la libertà non poteva essere simboleggiata da una canzone partiticamente orientata come “Fischia il vento”.

La popolarità extra nazionale del brano si deve poi a Yves Montand, cantante francese di origine toscana, che la inserisce nel suo repertorio negli anni Sessanta, dando inizio a una diffusione globale che porterà Bella ciao a essere simbolo della lotta per la libertà sino ai giorni nostri.

 

 

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