Lettera al Papa Emerito defunto Benedetto XVI

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Sac. Pasquale Pirulli

Caro e santo padre Benedetto,don pasquale foto
oramai i tuoi occhi, che durante la tua lunga vita di 95 anni 8 mesi 15 giorni, che hanno letto infinite pagine e hanno fissato le bellezze del creato, elevando un canto di gratitudine al Dio creatore, nel silenzioso monastero Mater Ecclesiae si sono chiusi alla luce di questo mondo e si sono aperti alla contemplazione del volto radioso di Gesù Cristo risorto, al quale hai rivolto l’ultimo battito del tuo cuore dicendogli: «Gesù, ti amo!».

Non ti nascondo la particolare difficoltà che avverto nello scrivere questa lettera, dopo le tante pagine di giornali e i tanti servizi dei mass media che si sono soffermati sulla tua dipartita. Le mie parole desiderano essere testimonianza di affetto filiale e di gratitudine per la tua intelligente e appassionata opera di “semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore”.
Prima di tutto ti voglio ricordare come il bambino, che il 16 aprile 1927 nasce a Marktl am Inn (Baviera) da Joseph senior, commissario di gendarmeria, e da Maria Rieger, laboriosa cuoca, e viene battezzato lo stesso giorno. Nella tua infanzia sei coccolato da tua sorella maggiore Maria e da tuo fratello Georg.

A 12 anni nel 1939 manifesti la volontà di seguire la vocazione al sacerdozio ed entri nel seminario di Traumstein. La brutalità del nazifascismo la conosci attraverso la eliminazione del tuo cugino affetto dalla sindrome di Down e l’aggressione al tuo parroco prima della celebrazione della S. Messa. Durante gli anni della seconda guerra mondiale, scatenata dal Terzo Reich anche tu fai l’esperienza del servizio militare prima nel reparto di intercettazioni radiofoniche e poi al confine con l’Ungheria a scavare con la vanga difese anticarro. Indossi anche la divisa militare e alla fine del conflitto sei prigioniero degli alleati nel campo di concentramento vicino alla città di Ulm.
Ti rivedo con l’abito talare quando nel 1946 riprendi insieme a tuo fratello Georg gli studi filosofici prima a Frisinga e poi quale alunno del seminario Herzogliches Georgianum e dell’Università Ludwig Maximilian di Monaco. Finalmente insieme a tuo fratello Georg il 29 ottobre 1950 sei ordinato sacerdote dal card. Michael von Faulhaber, arcivescovo di Monaco-Frisinga.

In un primo tempo sei vicario cooperatore nella parrocchia del Prez.mo Sangue e nel frattempo continui gli studi accademici e così l’11 luglio 1953 consegui il dottorato in teologia discutendo la tua tesi “Popolo e casa di Dio nella dottrina agostiniana della Chiesa”. Più laborioso è il tuo cammino verso l’abilitazione all’insegnamento della teologia, perché ti scontri con i pregiudizi del teologo del momento Michael Schmaus e del quale a suo tempo ho sfogliato il manuale di dogmatica appesantito dalla neoscolastica. Alla fine nell’anno 1955 superi lo scoglio e la tua dissertazione “San Bonaventura - La teologia della storia” è approvata. Questo volume è presente insieme agli altri nella mia biblioteca domestica.

Incominci il tuo peregrinare nelle diverse sedi universitarie di Frisinga, Bonn (1959-1963), Munster (1963-1966), Tubinga (1966-1969) e la diletta Ratisbona. La tua prima lezione a Bonn svolge il tema “Il Dio della fede e il Dio della filosofia”. Negli anni trascorsi a Tubinga, dove ti aveva invitato l’amico prof. D. Hans Küng, hai affrontato la bufera del ’68 scatenata dalla contestazione studentesca, ma tu hai sempre scelto il metodo del dialogo anche sulle problematiche più difficili. Di questo tuo metodo e impegno didattico rimane il volume “Introduzione al Cristianesimo” che ti ha fatto conoscere anche fuori della Germania.

Non potrai dimenticare la benevolenza del card. Joseph Fring che ti vuole suo consigliere teologico e che così vivi da “esperto” la esaltante esperienza del Concilio Vaticano II che apre i lavori l’11 ottobre 1962 con il papa Giovanni XXIII per concluderli con il papa Paolo VI l’8 dicembre 1965. A Roma respiri e vivi l’universalità della Chiesa e hai modo di confrontarti con i più qualificati teologi: Karl Rahner, Yves Congar, Henri de Lubac, Jean Daniélou, J. R. Geiselmann Gèrard Philips, Edward Schillebeeckx, Hans Küng, Hans Urs von Balthasar, Jurgen Moltmann, ecc.  Particolare rilevanza sono le tue riflessioni rivolte ai padri conciliari sulle fonti della Rivelazione cioè Tradizione e Scrittura e poi sulla Liturgia. Mi potresti parlare del P. Karl Rahner, del quale tu avevi ammirato la formidabile opera dal titolo “Sacramentum Mundi – Enciclopedia Teologica” e i vivaci “Scritti di Teologia” e i due volumi “Dio nel mondo”, e che io conosciuto non solo per la prolusione al nostro anno 1964.’65 alla Pontificia Facoltà “San Luigi – Posillipo” di Napoli ma specialmente attraverso il mio professore di dommatica P. Alfredo Marranzini che ne ha tradotto le opere in italiano. È vero che tu rimani un teologo radicato nelpapa-benedetto-xvi-art -2la Bibbia e nella patristica e hai qualche riserva circa la spregiudicatezza di Rahner che ascolta le suggestioni filosofiche dell’idealismo e di Heidegger.   
      
Nel 1972 con gli amici Hans Urs von Balthasar, Henri de Lubac e Walter Kasper fondi la rivista di teologia “Communio”, ma io ero già abbonato a “Concilium” che era stata fondata nel 1964 da Karl Rahner, Hans Küng, Anton van den Boogaaard, Paul Brand, Johann Baptist Metz ed Edward Schillebeeckx e che ancora oggi è sulle frontiere del dialogo della Chiesa con il mondo.
Ti devo confessare che mi piace che nel tuo articolo “Il mite custode della fede: tra verità e carità” affacci una interpretazione conciliativa della Confessione Augustana.

Sei sorpreso dalla nomina ad arcivescovo di Monaco e Frisinga fatta il 24 marzo 1977 da Paolo VI e ricevi la consacrazione episcopale il 28 maggio dello stesso anno. Scegli come motto l’espressione giovannea “Cooperatores veritatis” (3 Gv v. 8) e spieghi: «Per un verso mi sembrava che fosse questo il rapporto esistente tra il mio precedente compito di professore e la muova missione. Anche se in modi diversi, quel che era e continuava a restare in gioco era seguire la verità, stare al suo servizio. E, d’altra parte, ho scelto questo motto perché nel mondo di oggi il tema della verità viene quasi totalmente sottaciuto; appare infatti come qualcosa di troppo grande per l’uomo, nonostante che tutto si sgretoli, se manca la verità». Hai la vivacità di metterti sulle orme di S. Agostino che commenta così l’espressione del salmo “Ut iumentum factus sum apud te et ego semper tecum” con il riferimento al peso dell’episcopato: «Aveva scelto la vita dell’uomo di studio e Dio lo aveva destinato a fare l’”animale da tiro”, il braco bue che tira il carro di Dio in questo mondo. Quante volte è insorto contro tutte le inezie che si trovava caricate addosso e che gli impedivano il grande lavoro che sentiva come la sua vocazione più profonda. Ma proprio qui il salmo lo aiuta a uscire da tutta l’amarezza: Sì, è vero, sono divenuto un animale da tiro…ma proprio in questo modo io ti sono più vicino, ti servo, tu mi hai nella mano». Sei costretto ad interrompere la collaborazione all’enciclopedia di teologia dommatica diretta dal prof. Auer per l’editore Pustet e così scrivi il saggio di escatologia che consideri la tua opera “più elaborata e accurata”: «Cercai anzitutto di ripensare la mia dogmatica secondo il taglio del Concilio, riprendendo in maniera ancora più approfondita le fonti e tenendo ben presente la produzione più recente. Maturai quindi un a visione del tutto, che si nutriva delle molteplici esperienze e conoscenze, con cui il mio cammino teologico mi aveva posto a confronto… ma evidentemente non ero chiamato a portare a termine quest’opera. Infatti, non appena vi avevo messo mano, fui chiamato a un altro compito».

Le successive nomine di cardinale (27 giungo 1977) e di prefetto della Congregazione per la dottrina della fede (25 novembre 1981) ti suggeriscono di presentare le tue dimissioni dalla guida della chiesa di Monaco-Frisinga in data 15 febbraio 1982 e quindi concludi le tue note biografiche (1927-1977) con questa riflessione sapienziale: «Intanto io ho portato il mio bagaglio a Roma e ormai da diversi anni cammino con il mio carico per le strade della Città Eterna. Quando sarò lasciato libero, non lo so, ma so che anche per me vale: sono divenuto la tua bestia da soma, e proprio così io sono vicino a te».

Devi riconoscere che ormai da cardinale prefetto della Congregazione per la dottrina della fede sei diventato “romano”, ma nelle vacanze del 1984, trascorse nel seminario di Bressanone, incontri il giornalista Vittorio Messori e rilasci a lui le risposte alle tante domande che poi sono raccolte nel volume bestseller “Rapporto sulla fede” (1985). Qualcuno ti definisce «panzer-cardinal» in quanto stretto collaboratore del papa Giovanni Paolo II nella redazione di decisivi documenti dottrinali quali la dichiarazione “Dominus Jesus” (6 agosto 200), il documento “Cura pastorale delle persone omosessuali” (1986), la circolare “De delictis gravioribus” (18 maggio 2001) e le riserve pontificie circa la teologia della liberazione con la condanna dei suoi epigoni Jon Sobrino, Leonardo Boff, ecc. Nel 1980 sei relatore alla Quinta Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia Il 27 novembre 2002 sei nominato decano del collegio cardinalizio e il 25 marzo 2005, durante la Via Crucis al Colosseo alzi la voce contro le deviazioni della Chiesa: «Signore, spesso la tua Chiesa ci sembra come una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti. E anche nel tuo campo di grano vediamo più zizzania che grano. La veste e il volto così sporchi della tua Chiesa ci sgomentano. Ma siamo noi stressi a sporcarli! Siamo noi stessi a tradirti ogni volta, dopo tutte le nostre grandi parole, i nostri grandi gesti. Abbi pietà della tua Chiesa!».

  Alla vigilia della morte di papa Giovanni Paolo II il 5 aprile 2005 ricevi a Subiaco il “Premio san Benedetto” della fondazione “Vita e famiglia” e nel ringraziamento ricordi il patriarca del monachesimo occidentale, patrono d’Europa: «Abbiamo bisogno di uomini come Benedetto da Norcia, che in un tempo di dissipazione e di decadenza, si sprofondò nella solitudine più estrema, riuscendo, dopo tutte le purificazioni che dovette subire, a risalire alla luce. Ritornò e fondò Montecassino, la città sul monte che, con tante rovine, mise insieme le forze dalle quali si formò un mondo nuovo. Così Benedetto, come Abramo, diventò padre di molti popoli.»
Tocca a te, quale decano del collegio cardinalizio, celebrare l’8 aprile 2005 la S. Messa delle esequie e tu nell’omelia nella luce pasquale commenti la parola “Seguimi!” che Gesù rivolge a Pietro, chiamato a pascere la sua Chiesa non nascondendo la prospettiva della sofferenza: “… quando eri più giovane andavi dove volevi, ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi” (Gv 21, 18): «Egli ha interpretato per noi il mistero pasquale come mistero della divina misericordia…  Il Papa ha sofferto ed amato in comunione con Cristo e perciò il messaggio della sua sofferenza e del suo silenzio è stato così eloquente e fecondo…  Il Santo Padre ha trovato il riflesso più puro della misericordia di Dio nella Madre di Dio. Lui, che aveva perso in tenera età la mamma, tanto più ha amato la Madre divina. Ha sentito le parole del Signore come dette proprio a lui personalmente: “Ecco tua madre!”. Ed ha fatto come il discepolo prediletto: l’ha accolta nell’intimo del suo essere – Totus tuus. E dalla madre ha imparato a conformarsi a Cristo. Per tutti noi rimane indimenticabile come in questa ultima domenica di Pasqua della sua vita, il Santo Padre, segnato dalla sofferenza, si è affacciato ancora una volta alla finestra del Palazzo Apostolico ed un’ultima volt aha dato la benedizione “Urbi et orbi”. Possiamo essere sicuri che il nostro amato Papa sta adesso alla finestra dalla casa del Padre, ci vede e ci benedice. Sì, ci benedica, Santo padre. Noi affidiamo la tua cara anima alla Madre di Dio, tua Madre, che ti ha guidato ogni giorno e ti guiderà adesso alla gloria eterna del Suo Figlio, Gesù Cristo nostro Signore».

Nell’omelia che tieni nella basilica di San Pietro il 18 aprile 2005 ai 115 cardinali durante la Messa “pro eligendo Romano Pontifice” richiami la «misericordia di Dio» che diventa storia di salvezza nella persona di Gesù Cristo e l’impegno a custodire «la fede adulta» in lui: «Non dovremmo rimanere fanciulli nella fede, in stato di minorità. Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero… La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde – gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quando dice san Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore (cf Ef 4,14). Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie. Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. è lui la misura del vero umanesimo. “Adulta” non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. è quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità. Questa fede adulta dobbiamo maturare, a questa fede dobbiamo guidare il gregge di Cristo. Il nostro ministero è un dono di Cristo agli uomini, per costruire il suo corpo – il mondo nuovo. Viviamo il nostro ministero così, come dono di Cristo agli uomini! Ma in quest’ora, soprattutto preghiamo con insistenza il Signore, perché dopo il grande dono di Papa Giovanni II, ci doni di nuovo un pastore secondo il suo cuore che ci guidi alla conoscenza di Cristo, al suo amore, alla vera gioia».   
Adesso mi soffermo sul servizio petrino che tu hai prestato alla Chiesa di Cristo e lo ripercorro con le parole del Rogito deposto nella tua bara, sepolta nella tomba che fu di papa Giovanni Paolo II:
«Dai Cardinali riuniti in Conclave fu eletto Papa il 19 aprile 2005 e prese il nome di Benedetto XVI. Dalla loggia delle benedizioni si presentò come “umile lavoratore nella vigna del Signore”. Domenica 24 aprile 2005 iniziò solennemente il suo ministero Petrino.
Benedetto XVI pose al centro del suo pontificato il tema di Dio e della fede, nella continua ricerca del volto del Signore Gesù Cristo e aiutando tutti a conoscerlo, in particolare mediante la pubblicazione dell’opera Gesù di Nazaret, in tre volumi. Dotato di vaste e profonde conoscenze bibliche e teologiche, ebbe la straordinaria capacità di elaborare sintesi illuminanti sui principali temi dottrinali e spirituali, come pure sulle questioni cruciali della vita della Chiesa e della cultura contemporanea. Promosse con successo il dialogo con gli anglicani, con gli ebrei e con i rappresentanti delle altre religioni; come pure riprese i contatti con i sacerdoti della Comunità San Pio X.
La mattina dell’11 febbraio 2013, durante un Concistoro convocato per ordinarie decisioni circa tre canonizzazioni, dopo il voto dei Cardinali, il Papa lesse la seguente dichiarazione in latino: «Bene conscius sum hoc munus secundum suam essentiam spiritualem non solum agendo et loquendo exerceri debere, sed non minus patiendo et orando. Attamen in mundo nostri temporis rapidis mutationibus subiecto et quaestionibus magni ponderis pro vita fidei perturbato ad navem Sancti Petri gubernandam et ad annuntiandum Evangelium etiam vigor quidam corporis et animae necessarius est, qui ultimis mensibus in me modo tali minuitur, ut incapacitatem meam ad ministerium mihi commissum bene administrandum agnoscere debeam. Quapropter bene conscius ponderis huius actus plena libertate declaro me ministerio Episcopi Romae, Successoris Sancti Petri, mihi per manus Cardinalium die 19 aprilis MMV commisso renuntiare ita ut a die 28 februarii MMXIII, hora 20, sedes Romae, sedes Sancti Petri vacet et Conclave ad eligendum novum Summum Pontificem ab his quibus competit convocandum esse».

Nell’ultima Udienza generale del pontificato, il 27 febbraio 2013, nel ringraziare tutti e ciascuno anche per il rispetto e la comprensione con cui era stata accolta la sua decisione, assicurò: «Continuerò ad accompagnare il cammino della Chiesa con la preghiera e la riflessione, con quella dedizione al Signore e alla sua Sposa che ho cercato di vivere fino ad ora ogni giorno e che vorrei vivere sempre».
Dopo una breve permanenza nella residenza di Castel Gandolfo, visse gli ultimi anni della sua vita in Vaticano, nel monastero Mater Ecclesiae, dedicandosi alla preghiera e alla meditazione. Il magistero dottrinale di Benedetto XVI si riassume nelle tre Encicliche Deus caritas est (25 dicembre 2005), Spe salvi (30 novembre 2007) e Caritas in veritate (29 giugno 2009). Consegnò alla Chiesa quattro Esortazioni apostoliche, numerose Costituzioni apostoliche, Lettere apostoliche, oltre alle Catechesi proposte nelle Udienze generali e alle allocuzioni, comprese quelle pronunciate durante i ventiquattro viaggi apostolici compiuti nel mondo. Di fronte al relativismo e all’ateismo pratico sempre più dilaganti, nel 2010, con il motu proprio Ubicumque et semper, istituì il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, a cui nel gennaio del 2013 trasferì le competenze in materia di catechesi. Lottò con fermezza contro i crimini commessi da rappresentanti del clero contro minori o persone vulnerabili, richiamando continuamente la Chiesa alla conversione, alla preghiera, alla penitenza e alla purificazione.

Come teologo di riconosciuta autorevolezza, ha lasciato un ricco patrimonio di studi e ricerche sulle verità fondamentali della fede».
Vorrei chiudere questa lettera rivedendo tre istantanee del tuo pontificato: la prima quando la sera del 19 aprile 2013 ti sei presentato al popolo di Dio sulla loggia della basilica, sotto gli abiti pontificali si intravede la maglia nera che indossavi nella vita quotidiana ed eri stato sorpreso dalla chiamata di Dio! La seconda quando la Domenica 29 maggio 2005 sei intervenuto alla solenne celebrazione del Congresso Eucaristico Nazionale sulla spianata Marisabella di Bari. Era la tua prima uscita da Roma e ti accogliemmo con grande entusiasmo e tu ci offristi una commovente omelia sul tema “Senza la Domenica non possiamo vivere”, perché la Chiesa in tale giorno celebra la Pasqua del Signore Risorto. La terza si riferisce alle tue esequie, celebrate il 5 gennaio 2023 sul sagrato della basilica di S. Pietro quando papa Francesco poggia la mano sulla tua bara e traccia il segno della croce, mormorando il commosso R.I.P. al quale aggiungo l’augurio che il buon Pastore ti dia nel cielo la mercede dei fedeli operai che sono giunti alla sera del loro umile e fedele servizio nella sua vigna. 

 

 

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