Pensare e generare un mondo aperto (FT, III)

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Sac. Pasquale Pirulli
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L’autentica e piena realizzazione della persona umana si ha soltanto nella capacità di uscire da sé stessi e donarsi agli altri, perché  nell’appartenere a se stessi e nel vivere come isole si muore. (87) La vita  si realizza quando si esce da sé stessi perché nell’estasi (uscire da se stessi) c’è la legge dell’amore che è vita autentica .(88) Bisogna superare la tentazione di un rapporto intimistico (famiglia o piccolo gruppo) e aprirsi alla relazione sociale (con tutti gli altri). Un autentico amore aiuta la crescita della persona che sviluppa la capacità di accogliere tutti  oltrepassando il rapporto di coppia e di amicizia. Dal rapporto autentico e sincero con gli altri si sviluppa la capacità di accoglienza e di attenzione verso tutti gli altri. (89) Ci sono gli esempi delle piccole popolazioni del deserto e delle comunità benedettine che hanno sviluppato il senso autentico della propria umanità e il servizio dell’ospitalità, perché “l’ospitalità è un modo concreto di non privarsi di questa sfida e di questo dono che è l’incontro con l’umanità al di là del proprio gruppo. Quelle persone riconoscevano che tutti i valori che potevano coltivare dovevano essere accompagnati da questa capacità di trascendersi in un’apertura agli altri”. (90)

Il valore unico dell’amore
Gli atteggiamenti autentici ispirati ai valori morali (fortezza, sobrietà, laboriosità ecc.) si chiamano virtù soltanto se realizzano contemporaneamente un’apertura e una unione con gli altri. Senza la carità si ha una virtù apparente e avevano ragione S. Tommaso d’Aquino quando affermava che la temperanza di una persona avara non è neppure virtuosa, e S. Bonaventura quando che la pratica delle virtù senza la carità non è osservanza dei comandamenti “come Dio li intende”. (91) La carità è “il criterio per la decisione definitiva sul valore o il disvalore di una vita umana”. Purtroppo ci sono credenti che pensano di realizzarsi nell’imporre agli altri la propria ideologia, nel difendere la verità con la violenza e nel dare dimostrazione di forza. Il vero credente riconosce che al primo posto c’è l’amore che non deve mai essere messo a rischio e che il pericolo più grande è il non amare (cf 1 Cor 13,-1-13). ((92)

Alla domanda in che consiste l’esperienza dell’amore S. Tommaso d’Aquino spiegava che era come un movimento di attenzione verso l’altro «considerandolo come un’unica cosa con sé stesso».  E’ attenzione affettiva che provoca a ricercare gratuitamente il bene dell’altro. Si parte da una stima perché l’altro ci è “caro”, cioè ha per se stesso un valore e dall’amore verso la persona gradita siamo portati a darle le nostre gratificazioni. (93) L’amore dice qualcosa di più della beneficenza perché ci spinge a ricercare e a dare il meglio per gli altri, al di là delle apparenze fisiche o morali. “Solo coltivando questo modo di relazionarci renderemo possibile l’amicizia sociale che non esclude nessuno e la fraternità aperta a tutti. (94)

La progressiva apertura dell’amoreenciclica-commento-terza-parte-1
Nel suo dinamismo l’amore tende alla comunione universale e si realizza attraverso una progressiva apertura, cioè nella capacità di accogliere gli altri e quindi tendere ad una mutua appartenenza, perché Gesù ci ha detto: «Voi siete tutti fratelli» (Mt 23,8). (95)  Questo dinamismo di superare i propri limiti interessa le regioni e i paesi della terra perché dal numero crescente di interconnessioni sorge l’esigenza di una maggiore capacità di accogliere gli altri, e la consapevolezza dell’unità e del destino comune.  “Nei dinamismi della storia, pur nella diversità delle etnie, delle società e delle culture, vediamo seminata così la vocazione a formare una comunità formata da fratelli che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri”. (96) Il papa dà una interpretazione di questo amore universale che si deve estendere alle periferie da intendersi non solo in senso geografico ma esistenziale e quindi ogni fratello sofferente diventa un forestiero esistenziale, perché è cittadino emarginato nello stesso suo paese,  Nei suoi confronti si pratica un razzismo che come un virus che muta per nascondersi ed è sempre in agguato. (97) Tra gli “esiliati occulti” ci sono i disabili che “sentono di esistere senza appartenere e senza partecipare” e non sono loro assicurati i diritti della piena cittadinanza, Si auspica per essi una partecipazione attiva alla comunità civile ed ecclesiastica. Non bisogna dimenticare le persone anziane che, specialmente se colpite dalla disabilità, sono considerate un peso sociale. La chiesa deve dare voce  a chiunque è discriminato a causa della disabilità perché in molte nazioni non è riconosciuto come persona di pari dignità. (98)  
Comprensioni inadeguate di un amore universale

Papa Francesco insiste sull’amicizia sociale e riprova  un universalismo a carattere turistico, che  disprezza il proprio popolo e paese, e anche un universalismo autoritario e astratto, che nasconde il tentativo di omogeneizzare, dominare e depredare e che si nasconde nella globalizzazione forzata che non rispetta la peculiarità di ogni persona. Si corre il rischio di avere un mondo appiattito su una dimensione  sola “monocromatico”.  Si deve avere il coraggio di guardare il mondo nella varietà e diversità degli apporti di ciascuno e “la famiglia umana ha bisogno di imparare a vivere insieme in armonia e pace senza che dobbiamo essere tutti uguali”. (99-100)

Andare oltre un mondo di soci   
Proprio la parabola del buon samaritano analizzando il comportamento di coloro che passano per la strada e trascurano di soccorrere il ferito schematizza una società chiusa nella difesa dei propri ruoli sociali. L’uomo ferito e abbandonato è un “nessuno” che non appartiene a un gruppo influente, non ha un ruolo riconosciuto per costruire una storia. Soltanto il samaritano rompe questa logica perversa delle classi chiuse, si ferma e cambia i suoi programmi e si apre alla sorpresa dell’incontro con chi ha bisogno di un aiuto. (101) La parabola provoca e disturba una società che si ritrova in gruppi sociali chiusi e rifiuta ogni presenza considerata estranea. Si dimentica la parola “prossimo” si preferisce quella di “socio”, cioè chi è associato per perseguire determinati interessi individualistici e di gruppo. (102)

Libertà, uguaglianza e fraternitàenciclica-commento-terza-parte-2
Il papa analizza il rapporto tra la fraternità e i due valori sociali della libertà e della uguaglianza. Senza la fraternità la libertà “si restringe, risultando così una condizione di solitudine, di pur autonomia  per appartenere a qualcuno o a qualcosa, o solo per possedere e godere. Questo non esaurisce affatto la ricchezza della libertà che è orientata soprattutto all’amore”. (103) L’uguaglianza dettata soltanto dalla volontà di essere “soci” e che si ferma all’affermazione in astratto che  “tutti gli essere umani sono uguali”, ha bisogno della fraternità perché i “soci” creano mondi chiusi, nei quali non hanno valore gli estranei e specialmente i migranti. (104). L’individualismo radicale non assicura la libertà, l’uguaglianza e la fraternità, e favorisce l’illusione di costruire il bene comune anche accumulando ambizioni e sicurezze individuali. (105)

Amore universale che
promuove le persone

Il principio della vita sociale è che “il solo fatto di essere nati in un luogo con minori risorse e minor sviluppo non giustifica che alcune persone vivano con minore dignità”. Riconoscere il  valore di ogni essere umano è la strada sicura verso l’amicizia sociale e la fraternità.  Purtroppo questa verità viene ignorata da quanti vedono che ciò non conviene alla loro visione del mondo e non serve ai loro fini. (106) Viene affermato il diritto di ogni essere umana a vivere con dignità e a svilupparsi integralmente. Purtroppo questo principio della immensa dignità di ogni persona umana, anche se nata e cresciuta con delle limitazioni ambientali o culturali, se non è salvaguardato si mette a rischio il futuro di una umanità più fraterna. (107) Alcune società accolgono parzialmente questo fondamentale principio. In teoria si afferma che ci sono opportunità per tutti, ma in pratica non si investe  affinché quelli che rimangono indietro, cioè i deboli e i meno dotati, possa farsi strada nella vita. Lo Stato non investe nelle persone fragili e ci si ferma ai meccanismi di efficienza di sistemi economici, politico o ideologici. Uno Stato deve guardare le persone e tendere a realizzare il bene comune. (108) C’è la distinzione tra chi fornito di beni dalla famiglia allo Stato chiede soltanto libertà e la persona disabile o povera o di scarsa cultura o malata che sono emarginati da una società che si regge sui criteri della libertà di mercato e di efficienza. Per queste persone la fraternità rimane un songo romantico. (109) Non basta la libertà economica quando sono pochi quelli che possano accedervi perché non hanno  un lavoro sicuro. Il sistema economico-sociale che produce vittime e scarta le persone non prepara per nessuno la festa della fraternità e le parole “libertà, democrazia o fraternità sono vuote di senso”. “Una società umana e fraterna è in grado di adoperarsi per assicurare in modo efficiente e stabile che tuti siano accompagnati nel percorso della loro vita, non solo per provvedere ai bisogni primari, ma perché possano dare il meglio di sé, anche se il loro rendimento non sarà il migliore, anche se andranno lentamente, anche se la loro efficienza sarà poco rilevante.” (110) Bisogna superare la concezione della persona , chiusa in sé stessa e ridotta a “monade” e sempre in difesa di diritti individualistici che sono barattati come diritti umani. La persona umana nella sua radice porta la vocazione a trascendere sé stessa nell’incontro con gli altri. Perciò “se il diritto di ciascuno non è armonicamente ordinato al bene più grande, finisce per concepirsi senza limitazioni e dunque per diventare sorgente di conflitti e di violenze”. (111)

Promuovere il bene morale
Il desiderio e la ricerca del bene degli altri e di tutta l’umanità si esprime nella promozione dei valori morali nel processo di maturazione delle persone. Che devono avere uno sviluppo integrale. Il Nuovo Testamento utilizza il termine agathosune , cioè l’attaccamento e la ricerca del bene, per la maturazione degli altri. Nella  lingua latina si traduce in benevolentia, cioè volere il bene degli altri, perché è una ricchezza da donare. (112) Il papa deplora il passato degrado morale , in cui si sono  derisi i valori dell’etica, della bontà, della fede, dell’onestà. Le conseguenze di questa superficialità sono state la distruzione dei fondamenti della vita sociale e il metterci gli uni contro gli altri.  Ina crescita genuina e integrale dell’umanità esige la promozione  del bene di tutti. La società per il suo futuro deve trasmettere alle future generazioni valori positivi di bene e non l’egoismo, la violenza. la corruzione e l’indifferenza che mortificano la vita negando ogni trascendenza e trincerata nella difesa degli interessi individuali.  (113)

Il valore della solidarietà
La solidarietà  è una virtù morale e atteggiamento sociale che sta molto a cuore a papa Francesco ed egli richiama la responsabilità delle famiglie nel vivere e nell’educare a questo fondamentale valore. Anche tutti gli operatori nel campo dell’educazione sono richiamati alla loro responsabilità nei confronti della dimensione morale, spirituale e sociale della persona e i valori positivi possono essere trasmessi fin dalla più tenera età. Anche gli operatori culturali e dei mezzi di comunicazione sociale. (114) Nel momento di cristi della società la solidarietà si esprime nel servizio agli altri e questo significa aver cura delle persone fragili, mettendo da parte le proprie esigenze e le tentazioni di onnipotenza egoistica. Il servizio è rivolto ai fratelli e non può essere mai “ideologico” perché non seve le idee ma le persone. ((115)  Molto positiva è la solidarietà praticata tra i poveri, considerati gli ultimi dalla società. La nostra società non conosce più questa parola o la limita ad atti sporadici di generosità. La solidarietà è pensare e agire in termini di comunità; è lottare contro le cause strutturali che generano la disuguaglianza sociale; è lotta contro l’impero del denaro. La solidarietà, intesa nel suo senso più profondo, è un modo di fare la storia, ed è proprio dei movimenti popolari.(116) La solidarietà umana si esprime nella cura della casa comune e nel mettere a disposizione di tutti anche il bene dell’acqua. Nella solidarietà si esprime l’umanità autentica perché riconosce i diritti di ogni essere umano nato al di là delle proprie frontiere. (117)        
           
Riproporre la funzione
sociale della proprietà
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Ogni persona umana ha la stessa dignità e gli stessi diritti e quindi tutti  come membri della comunità umana devono avere pari opportunità di sviluppo personale e sociale al di là delle differenze di colore, religione, capacità, luogo di nascita o di residenza. (118)  Si impone un ripensamento sulla destinazione comune dei beni della terra, sulle orme di S. Giovanni Crisostomo che giudicava un furto il negare ai poveri i beni di cui hanno bisogno, e di S. Gregorio Magno che diceva: “Quando distribuiamo agli indigenti qualunque cosa , non elargiamo roba nostra ma restituiamo loro ciò che ad essi appartiene” . (119) A proposito della proprietà Giovanni  Paolo II  nella sua lettera “Centesimus annus” (1° maggio 1991) con decisione: “Dio ha dato la terra tutto il genere umano, perché essa sostenti tutti i suoi membri, senza escludere né privilegiare”. Al primo posto viene il diritto di tutti alla proprietà, cioè l’uso comune di tutti i beni creati.  Il diritto alla proprietà privata è secondario e gli si assegna anche una funzione sociale perché non deve intralciare mai la realizzazione dei diritti naturali della persona al suo sviluppo integrale. Purtroppo  spesso “i diritti secondari si pongono al di sopra di quelli prioritari e originari, privandoli di rilevanza pratica”. (120)

Diritti senza frontiere
I diritti originari e primari delle persone vanno oltre i confini e le frontiere degli Stati. Il luogo di nascita o di residenza, come pure il fatto di essere donna, non può escludere dal diritto fondamentale di una vita degna e di sviluppo. (121) Il retto sviluppo sociale oltrepassa l’arricchimento di pochi, il diritto alla libertà d’impresa o di mercato e deve tener presente i diritti dei popoli, la dignità dei poveri e il rispetto dell’ambiente. “chi ne possiede una parter è solo per amministrarla a beneficio di tutti”. (122) Viene dato un apprezzamento all’attività imprenditoriale, perché produttrice di ricchezza, ma si ricorda che la capacità imprenditoriale (dono di Dio) deve essere orientata al progresso delle altre persone e al superamento della miseria. “Sempre, insieme al diritto alla proprietà privata, c’è il prioritario e precedente diritto della subordinazione di ogni proprietà privata alla destinazione  universale dei beni della terra, e, pertanto io diritto di tutti al loro uso”. (123)

Diritti dei popoli
Il principio originario della destinazione comune dei beni della terra  deve essere applicato ai Paesi, ai loro territori e alle loro risorse. Ne deriva che ogni Paese appartiene allo “straniero” perché i beni di un territorio non possono esser negati a una persona bisognosa che viene da un altro luogo. Questo perché “i diritti fondamentali precedono qualunque società, in quanto derivano dalla dignità conferita ad ogni persona in quanto creata da Dio”. (124) All’insegna della solidarietà e della originaria fraternità dovrebbero essere intese anche le relazioni e gli interscambi tra i Paesi nella finalità di superare le sperequazioni che svuotano le risorse naturali di una regione e impediscono lo sviluppo. Il consumismo di alcune regioni di un Paese cerca di liberarsi della “zavorra” delle regioni più povere. (125)Si impone perciò una nuova etica delle relazioni internazionali che deve riconoscere il diritto dei popoli alla sussistenza ed al progresso, condizionato negativamente dal debito estero. (126) Bisogna avere il coraggio di sognare un mondo più fraterno alla luce del diritto inalienabile e originario della persona  umana. “È possibile desiderare un pianeta che assicuri terra, casa e lavoro a tutti. Questa è la vera via della pace, e non la strategia stolta e miope di seminare timore e diffidenza nei confronti di minacce esterne. Perché la pace reale e duratura è possibile solo «a partire da ‘entica globale di solidarietà e cooperazione al servizio di un futuro modellato dall’interdipendenza e dalla corresponsabilità  nell’intera famiglia umana», (127)   
   
Commento
Il terzo capitolo dell’enciclica “Fratelli tutti” disegna il “sogno sociale” di papa Francesco, un sogno suggerito da una antropologia attenta ai valori originari della persona umana e alla sua dignità. Si tratta prima di tutto di impostare correttamente la relazione con gli atri, superando l’egoismo individualistico e la cerchia del piccolo gruppo. Oltre tutto si potrebbe definire la persona come il risultato delle relazioni che l’individuo stabilisce con gli altri. L’apertura agli altri diventa ricchezza se realizzata nell’amore, perché è la nota caratteristica della persona da un Dio che è amore. Dall’amore autentico può scaturire l’amicizia sociale che va oltre l’universalismo autoritario ed astratto. L’amore autentico fa superare la connotazione di “socio” data all’altro soltanto nella prospettiva di un vantaggio privatistico o di un piccolo gruppo.

Si prospetta il valore originario della “fraternità2 che riesce a sintetizzare e arricchire quelli della libertà e dell’uguaglianza, conclamati nella storia passata. Si supera così l’individualismo che è il virus più difficile da sconfiggere. Ci si apre a un amore universale che è  promozione delle persone a cui deve essere assicurato il diritto a vivere con dignità e a svilupparsi integralmente. A questo fine si impone la realizzazione di una “solidarietà” che è virtù morale e atteggiamento sociale e che nello stesso tempo assicura un solido fondamento alla compagine sociale e recupera proprio i poveri e gli emarginati ai quali viene attribuita ingiustamente la qualifica spregiativa di “zavorra”.

La solidarietà diventa il motore di una storia umana più attenta ai bisogni di tutti. Qui papa Francesco richiama la funzione sociale della proprietà perché si impone il principio originario della destinazione universale dei beni della terra. Parlando dei diritti della persona umana che vanno oltre le frontiere politiche il papa richiama la funzione positiva della imprenditoria qualora produca ricchezze a servizio di tutti. Non poteva mancare uno sguardo alla interdipendenza dei popoli i quali sono invitati a rivedere le proprie politiche sociali e i loro rapporti alla luce del principio di solidarietà derivante dalla comune dignità dei propri cittadini. Si tratta di rivedere le relazioni internazionali con attenzione alla grave problematica del debito estero che strangola lo sviluppo dei paesi poveri.  Si impone per tutti un’etica di solidarietà e di cooperazione per assicurare il bene di tutta la famiglia umana. 

 

  

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