Dopo la obbligata parentesi nojana la Virtus Rutigliano torna nella sua città

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di Gianni Nicastro

Non è mai stata sua intenzione andar via da Rutigliano e, addirittura, cambiare nome, da Virtus Rutigliano a Virtus Noicattaro. Tre anni fa l’ASD del presidente Mimmo Lamorgese lo ha dovuto fare perché diffidata “dalla Federazione Italiana Gioco Calcio - Lega Nazionale Dilettanti Divisione calcio a Cinque a causa dell’inadeguatezza della tensostruttura” in cui giocava (qui).

La serie “A”, nella quale era brillantemente approdata, richiedeva una struttura sportiva decente, attrezzata e adeguata a un pubblico da serie A, una struttura tipo palazzetto dello sport. Caratteristiche che la tensostruttura di via Adelfia non ha mai avuto: piccola, senza spogliatoi, senza bagni e con problemi di condensa che spesso è causa di sospensione delle partite che squadre di livello inferiore continuano a giocare in quel tensostatico.

Ora, qualche giorno fa il presidente della Virtus ha inoltrato, alla Federazione Italiana Gioco Calcio, una domanda per cambio di denominazione sociale da Virtus Noicattaro a Virtus Rutigliano. La squadra più importante del locale calcio a 5 ritorna, dunque, nella sua città grazie alla stessa FIGC che ha concesso una proroga di un anno di gioco nella stessa tensostruttura causa della diffida del 2015. Opportunità che il presidente Lamorgese non si è fatto sfuggire.
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Dopo il cambio del nome la Virtus presenterà al comune di Rutigliano, se non l’ha già fatto, la richiesta di utilizzo della tensostruttura per una decina di ore settimanali. La squadra, i suoi tifosi e tutti quelli che tengono a cuore le sorti dello sport dilettantistico a Rutigliano si aspettano che il comune faccia il suo dovere, semplicemente il suo dovere: garantire a tutte le società sportive locali, quindi anche alla Virtus Rutigliano, di utilizzare l’unica struttura disponibile.

E il palazzetto dello sport?
Intanto non si chiama palazzetto dello sport. L’amministrazione lo chiama “impianto sportivo polivalente”, come a dire non aspettatevi granché. E’ stato inserito a marzo scorso nell’elenco delle opere pubbliche per il triennio 2018-2020 con una spesa prevista di 1.660.000 euro. Opera la cui realizzazione formalmente è stata pianificata nell’anno in corso, ma senza tanta convinzione perché siamo ancora allo studio di fattibilità e nell’incertezza di chi ci deve mettere i soldi, se lo stesso comune o altri enti (regione, governo…).

A marzo scorso l’ufficio ragioneria del comune ha cercato di farsi autorizzare dalla regione, e dal governo, ad utilizzare i soldi del bilancio comunale per la costruzione di quest’opera, fruendo degli “spazi finanziari” messi a disposizione da un decreto del presidente del consiglio dei ministri (n. 21/2017). La possibilità, quindi, di utilizzare parte dei 6.898.062 euro di avanzo di amministrazione del 2017, in deroga al patto di stabilità, per la realizzazione di strutture sportive.

Su 2.100.000 euro chiesti, il governo ha concesso uno spazio finanziario di soli 438.000 euro (il 21%). A quel punto il comune, attraverso la sua ragioneria, ha fatto sapere al governo di “non accettare lo spazio finanziario ridotto”. Quindi, preclusa, per adesso, la possibilità di utilizzare l’intero spazio finanziario chiesto, non si capisce bene da dove possano venire questi soldi.

C’è da dire che per anni, fin dal 2012, la Romagno1 e 2, ha inserito nell’elenco triennale delle opere pubbliche il palazzetto dello sport con uno stanziamento di 2.200.000 euro attribuendone la forma di finanziamento della spesa all’aleatorio “progetto di finanza”, cioè fidando nell’apporto di filantropici capitali privati.

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Con un simile strumento finanziario il palazzetto dello sport, pur presente in quell’elenco ogni anno per due consiliature, non è andato mai al di là dello studio di fattibilità. Anche qui, probabilmente, si è perso tempo prezioso che poteva essere utilizzato nella ricerca di una più seria fonte di finanziamento, come è stato fatto poco più di due mesi fa.

Un’ultima cosa, la norma di riferimento per l’individuazione delle priorità nei progetti da realizzare con gli “spazi finanziari” è il comma 485 dell’art. 1 della legge 232/2016 così come modificato dalla 205/2017, che prevede “interventi, su impianti sportivi esistenti, di messa a norma e in sicurezza compreso l'adeguamento antisismico, di abbattimento delle barriere architettoniche, di efficientamento energetico e di ripristino della funzionalità per i quali gli enti dispongono del progetto esecutivo…”.

Perché il comune non ha colto l’occasione data dal governo di utilizzare 438.000 euro, o una parte, dei propri soldi per adeguare, aggiustare e attrezzare la tensostruttura di via Adelfia? Nell’attesa di un miracoloso palazzetto dello sport, o centro sportivo polivalente che dir si voglia, sarebbe già qualcosa. Più di qualcosa, direi.

 

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