Basamento antenna Inwit, ieri l’ordinanza di demolizione stamattina l'appello al CdS

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di Gianni Nicastro

Ieri l’ufficio tecnico ha emesso una ordinanza di “di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi dell'area identificata in catasto al foglio 21 particella 2442”. Si tratta dell’area sulla quale la Inwit ha costruito il basamento di cemento armato su cui montare il palo per le antenne telefoniche. Più che per il mancato rispetto della “cartografia tecnica del Piano territoriale per l’installazione di stazioni radio base per la telefonia mobile”, il vero problema per Inwit è stato non considerare che quella era, ed è, un’area ad alta pericolosità idraulica, come ha fatto notare Rutiglianoonline nell’articolo pubblicato i 20 novembre scoro (qui). C’è stata, poi, la contestazione dell’ufficio tecnico comunale circa la formazione del “silenzio assenso”, ribadita dalla Inwit nella sua corrispondenza, per cui nessun titolo -a giudizio dell’ufficio tecnico- la società poteva vantare anche in relazione all’inizio dei lavori.

E’ stata quindi, dal comune, sollevata la questione della pericolosità idraulica e del mancato parere obbligatorio e vincolante dell’Autorità di Bacino. Nell’ordinanza, infatti, si legge «Che da ulteriori approfondimenti si è accertato che, l’area in questione (…) è sottoposta a vincolo ad alta pericolosità idraulica (A.P.) ai sensi dell’art. 7 delle norme tecniche di attuazione del Piano di Bacino Stralcio Assetto Idrogeologico (PAI), approvato con Deliberazione n. 39 del 30/11/2005 dell’Autorità di Bacino della Puglia e che, pertanto, confermerebbe che alcun titolo edilizio abilitativo poteva essere rilasciato senza il relativo parere vincolante dell’Autorità di Bacino e che tale circostanza non è stata riportata nella documentazione a corredo della pratica, ma addirittura, nella relazione tecnica a firma del tecnico incaricato è riportato che “l’area oggetto di analisi non ricade in area vincolata”.

Appresso l’ordinanza fa riferimento all’articolo di Rutiglianoonline: “Preso atto di un articolo apparso sulla stampa locale in cui si segnala la realizzazione di una base in cemento per l’installazione di un’antenna all’interno di un’area ad alta pericolosità idraulico”. Riferisce anche di un sopralluogo fatto dall’ufficio tecnico sull’area di cantiere che, comunque, non ha permesso ai tecnici del comune di entrare perché recintato. Si leggono anche le dimensioni dell’opera edilizia che si è cominciata a costruire, m 5x5 per complessivi 25 metri quadri.

Alla fine l’ufficio tecnico ha ordinato ai destinatari dell’ordinanza (Inwit, tecnici e proprietari dell’area) “la demolizione delle opere realizzate in assenza di permesso di costruire, ed innanzi specificate, entro e non oltre 90 giorni decorrenti dalla data di notifica del presente atto, trascorsi i quali si provvederà d’ufficio con l’addebito delle relative spese”. Nel caso di inadempienza le opere abusive “saranno acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune, nonché l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria (…)".

Riguardo, invece, all’udienza che stamattina si è tenuta al Consiglio di Stato sul ricorso del comune contro la sentenza del TAR Puglia che ha dato ragione alla Inwit, ci sono stati sviluppi interessante. La parte resistente, la Inwit, non si è costituita, quindi, non si è presentata; all’udienza stamattina c’era solo il legale del comune di Rutigliano che ha portato alla conoscenza dei giudici di appello non solo la problematica dell’alto pericolo idraulico della particella in questione e della mancanza dell’indispensabile e preliminare parere dell’Autorità di Bacino, ha anche portato e consegnato ai giudici l’ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi. L’udienza si è conclusa stamattina con i giudici che si sono riservati di emanare la sentenza.

Certo, la cosa più eclatante di questa storia è stata la mancata costituzione in giudizio della parte resistente; forse gli avvocati della Inwit avranno ritenuto che, quand’anche l’appello avesse ribadito la sentenza del TAR, insormontabile sarebbe stata poi la questione del mancato parere dell’Autorità di Bacino.

 

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