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La Poesia di Mario Bolivar Pennelli

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di Carlo Picca

Mario Pennelli è il vero nome di questo Poeta barese, classe ’88, sceneggiatore presso il centro sperimentale di Roma. Bolivar è invece il nome d’arte,  liberatore di molti popoli del sud America, un idolo storico. Scrive da sempre, contadino ed enologo. La passione dell'arte e quella per l'estetica, “nel senso anche di buon vino e cibo”, hanno sviluppato in lui la gioia del racconto, “vale a dire che adoro cazzeggiare coi vecchi pescatori, e farmi raccontare i loro fatti incredibili, oppure, nelle osterie, in giro per l'Italia”. Si nutre di storie, e come un menestrello, anzi un buffone, adora rielaborarle, propagarle. “La mia vera crociata è contro gli zombie addormentati della nostra società. Scrivo da sempre, di tutto ed in tutte le forme”. Questa passione lo ha portato ad avere esperienze cinematografiche da sceneggiatore a Cinecittà.

Incredibilia è la sua opera poetica edita da FaLvision. “Un richiamo, fondamentalmente. Un verso ancestrale e primitivo. L'homo Insapiens su copertina ci guarda, ci fa sentire in colpa. Quella scimmia antropomorfa siamo noi, o meglio il fanciullino che resta schifato, nel vedere quanto siamo cambiati, quanto ci siamo inariditi negli anni, quanto ci siamo incattiviti. Siamo noi le vere bestie. Siamo noi che abbiamo perso la nostra umanità. Ogni lettura di Incredibilia, analizza un diverso colore della nostra dis-umanità, scandagliando tra le nostre stranezze e le nostre passioni”.
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La poesia per Bolivar “è quel genere letterario che dice di più pur dicendo meno, la poesia è un rompicapo, un rebus che ognuno può svolgere a modo suo, ognuno ci trova quello che vuole, fondamentalmente, anche perché, come diceva Troisi ne Il postino <<la poesia è di chi gli serve, non di chi la scrive>>”.
Da grande, “sicuramente gestirò un qualcosa che abbia a che fare con il vino e con i libri. Perché non metterli assieme?”. Prossimi progetti editoriali invece sono:  dei mari e dei campi di Puglia, una raccolta di racconti, liriche e ballate, “omaggio alle bellezze del nostro territorio ed alla dura vita dei nostri pescatori e agricoltori”.

A stretto giro di boa invece uscirà un romanzo noir-horror-surreale ed un altro storico ambientato nel rinascimento, nella Roma dei Borgia. Nel frattempo Bolivar continua a scrivere, ormai da 6 anni la ''Nuova Odissea'', “ma temo che verrà alla luce solo dopo la mia morte!”

La poesia non si spiega, si legge, e non è il caso di parafrasare questi versi che invito i lettori ad assaporare. Vorrei solo soffermarmi su di un unico verso, che è presente nella raccolta: “Illudi come una terrazza senza mar”. Il poeta con questo suo verso, a mio avviso, ferma la sua poetica, così come ferma l'immagine mobile della sua visione della realtà. Essere e non essere, presenza ed assenza, si tengono per mano e nel silenzio appare un profumo, quello che manca e per cui in vano si lotta, cercandolo, senza sapere se si riuscirà a respirare.

E qui, nonostante pare non vi sia, lo si sente ancora di più il profumo del mare, e questo si estende dinanzi all’immaginazione di chi scrive come di chi legge. Quel profumo che permette il collasso, dolcemente, dei cortocircuiti intimi, cortocircuiti frutto di quella che è la contraddizione di essere al mondo, spirito nella materia. Così, una danza interiore avanza e nel mezzo la verità rinasce ed affiora. Il Poeta è custode di orizzonti mistici marini, invisibili, che diventano eco per il lettore, e che questi potrà vedere, sentire e vivere, se, come lui, imparerà a respirarne l’ombra.


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