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Santi di Puglia, l’intreccio di spirito e vita terrena

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Giorgio Otranto a Palazzo Settanni per “San Michele
e San Nicola nella cultura popolare pugliese”

di Teresa Gallone

Storia e cultura del territorio tornano ad animare il sempre attivo salone di Palazzo Settanni, questa volta cornice per due volti molto noti alla tradizione popolare, San Michele Arcangelo e San Nicola di Myra.
A tracciare il filo della relazione fra i due santi e il nostro territorio, domenica 17 marzo scorso, Giorgio Otranto, professore emerito dell’Università degli Studi di Bari, accompagnato da Fanny Massimeo, direttrice dell’Ecomuseo del Poggio e da Ada Campione, docente di Storia della Chiesa Antica santi-di-puglia-2all’Università degli Studi di Bari.

Dotato di «senso profondo delle istituzioni», mai nutrito del «pane della pigrizia», Giorgio Otranto ha dedicato una vita allo studio e alla ricerca attiva in loco, non risparmiandosi nell’intessere relazioni internazionali e interculturali. È lui infatti a precorrere i tempi dell’intercultura occupandosi della formazione dei docenti in Albania e promuovendo la collaborazione fra l’ateneo barese e l’Argentina.

È la sua prometeica visione della cultura a condurlo negli anni Settanta a inaugurare con il professor Carlo Carletti lo studio di un «territorio dimenticato da Dio», quello di Monte Sant’Angelo. Qui nel 1995 fonderà il “Centro studi micaelici e garganici”, sede distaccata del dipartimento di Studi Classici e Cristiani dell’Università degli Studi di Bari.

Su Monte Sant’Angelo e più precisamente sul suo «inspector atque custos» (guardiano e custode, ndr.) si innesta la prima parte della «riunione di carattere cultural popolare» del 17 marzo scorso, volta a mostrare la «concretezza della presenza di San Michele Arcangelo nella vita della cristianità pugliese».
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Al «capo dell’esercito di Dio» che autonomamente sceglie la rocca garganica come sua sede, i pellegrini di ogni dove dedicano la più sentita devozione, tanto da elevare il santuario micaelico a competitore di luoghi come Gerusalemme o Roma.  Le testimonianze di quanto sia «il popolo a scegliere i santi» sono evidentissime nelle epigrafi, nelle scritte vergate dai penitenti e dai devoti, sulle pietre del santuario.
E se la rocca di Monte Sant’Angelo deve la sua vita e vitalità all’Arcangelo, il dinamismo internazionale del capoluogo pugliese deve molto alla «traslazione o furto sacro» delle spoglie del Santo di Myra, Nicola.

Il suo culto a Bari avrebbe influenzato non solo la devozione e la spirtualità ma anche la vita economica degli abitanti che, per un bizzarro gioco del fato, molto hanno in comune con l’uomo pragmatico e attivo che fu Nicola di Myra. Noto infatti è il legame fra il culto di San Nicola e il commercio nel capoluogo pugliese: a dicembre e a maggio, mesi delle ricorrenze legate al santo, dall’XI secolo nel cortile della basilica si tenevano le Fiere Nicolaiane.

La vocazione al commercio internazionale dei baresi, strettamente collegata al culto non solo della santità ma anche della personalità in vita di Nicola di Myra, è efficacemente disegnata da un proverbio medievale: «Barensis nisi negotiatur moritur» («il barese se non commercia, muore» ndr.).

 

 

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