Puntoeacapo. Report su “Una madre, anzi due, anzi nessuna”

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“Una madre, anzi due, anzi nessuna”
Report gruppo lettura del 16.04.18, a cura dell’Aps Puntoeacapo

In sintonia con lo stile scarno e schietto di Donatella Di Pietrantonio, il Gruppo lettura è entrato nel vivo della dell’incontro senza troppi giri di parole. “L’Arminuta” è stato definito un libro al femminile nel quale i personaggi maschili si muovono ai margini e sono quasi sempre rozzi, violenti, incestuosi.
Dell’autrice, vincitrice della cinquantacinquesima edizione del Premio Campiello, ha conquistato la capacità di narrare una storia difficile con grande delicatezza ed efficacia.

In molti hanno detto che il libro si legge tutto d’un fiato, eppure l’intensità della narrazione non ha convinto altri che si sono sentiti schiacciati dalla pluralità di sentimenti che anima ogni pagina.
Un lettore in particolare, pur confermando le doti di scrittura dell’autrice, ha confessato di ritenere inadeguato il modo in cui l’argomento viene trattato e di essere stato colto sin dall’inizio dal sospetto che fosse artefatto.
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Donatella Di Pietrantonio, pagina dopo pagina, ci accompagna in una terra aspra e povera, l’Abruzzo di sessanta anni fa, in cui gli adulti non si ponevano minimamente il problema di parlare con i bambini, di condividere con loro le scelte riguardanti la famiglia, in un tempo e uno spazio in cui regnava la miseria e l’ignoranza. “L’Arminuta” è la storia di una bambina povera che viene affidata dalla famiglia d’origine a una coppia che non aveva figli ma che dopo 13 anni la restituisce ai genitori biologici.

Ne “L’Arminuta”, ha sostenuto una giovane lettrice, è chiaro il capovolgimento dei ruoli; gli adulti si comportano da irresponsabili e i bambini da persone mature. Come ribadito da due veterane del Gruppo, la “pratica” di affidare i propri figli a terzi era molto diffusa anche dalle nostre parti sino a qualche tempo fa. Più si abbassavano i livelli economici e culturali e più era frequente.

“Ero l’Arminuta, la ritornata. Parlavo un’altra lingua e non sapevo più a chi appartenere. La parola mamma si era annidata nella mia gola come un rospo”. In tutto il libro serpeggia il bisogno di appartenenza, la percezione di un vuoto: “Oggi davvero ignoro che luogo sia una madre. Mi manca come può mancare la salute, un riparo, una certezza. È un vuoto persistente, che conosco ma non supero”.

Nel libro di Donatella Di Pietrantonio c’è un universo che parla di abbandono, egoismo e rabbia ma anche di legami, di forza e di complicità. Alla fine poco importa se si prova più compassione per una madre piuttosto che per l’altra, quello che resta è l’indignazione difronte alla sofferenza di una figlia.
Il finale secco lascia delusi molti ma a ben vedere risponde ai canoni di scrittura seguiti e pertanto l’unico possibile. “Mia sorella. Come un fiore improbabile, cresciuto su un piccolo grumo di terra attaccato alla roccia…Nella complicità ci siamo salvate”.

Il prossimo appuntamento è dedicato a “Stanotte guardiamo le stelle” di Alì Ehsani ed. Feltrinelli. Luogo e data dell’incontro sono in fase di definizione.
Attività a cura di Puntoeacapo

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