Il dispiacere di un padre di fronte alla bravata del figlio

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E’ successo domenica scorsa a mezzanotte. Nei pressi di via Leopardi, un “branco” di minorenni, in giro per strada, si diverte a rompere specchietti retrovisori esterni delle auto parcheggiate. Il caso vuole che, affacciato al balcone, ci sia il proprietario dell’auto a cui ne hanno appena rotto uno. Scoperto, il gruppo fugge. Il signore scende e li insegue fin nei pressi del Tribunale, su via Dante, dove ne acciuffa uno mentre gli altri si allontanano. Si trova per caso, in quel momento, a passare di lì la pattuglia dei carabinieri in servizio notturno che, ovviamente, si ferma.

A quel punto, vedendo i carabinieri, una parte del gruppo si avvicina e un ragazzo dice di essere stato lui a rompere lo specchietto, insomma, se ne assume la responsabilità. E’ minorenne, quattordici anni, i carabinieri, quindi, chiamano il padre, un signore di 45 anni che lavora in campagna, il quale arriva subito sul posto. Di fronte all’assunzione di responsabilità del figlio questo padre scoppia in lacrime dispiaciuto. Si sente male, si accascia, il carabiniere lo sorregge, sembra in preda a convulsioni come in una crisi epilettica. Viene chiamato il 118 che arriva poco dopo. I medici prestano soccorso, somministrano un po’ di valium, il signore si riprende e torna a casa con il figlio.

Tutti i presenti si dispiacciono per il malore di quel padre a cominciare dal signore a cui quel quattordicenne ha rotto lo specchietto, che non ha voluto sporgere denuncia e neanche essere rimborsato del danno.

Una storia triste, di un padre che ci stava quasi rimanendo per una gratuita, inutile, sciocca bravata del figlio. Testimoni ci raccontano che questo signore, scaraventato dal letto a mezzanotte, prima del malore abbia detto in lacrime al figlio, dopo la sua ammissione di colpa: “Questi sono i complimenti che mi fai, mi alzo alle quattro tutti i giorni, vado in campagna a lavorare per 40 euro la giornata”.

Insomma, una bravata che ha rischiato di trasformarsi in tragedia. Non si capisce cosa spinga un gruppo di quattordicenni, o giù di lì, ragazzi normali, di brave e normali famiglie, a prodursi in comportamenti così incivili. Un modo idiota di divertirsi, irrispettoso non solo nei confronti delle cose altrui e del prossimo, ma -forse ancora di più- nei confronti delle loro stesse esistenze.

Divertirsi a quell’età -e non solo- è un diritto, che dovrebbe essere esercitato senza regredire, con intelligenza, nel rispetto delle persone e delle cose, private e pubbliche.

C’è, comunque, da riconoscere a quel ragazzo la maturità di essersi assunto le sue responsabilità, un fatto che denota la presenza di una coscienza. Un ragazzo così ha notevoli potenzialità, può essere davvero una brava persona; sciupare questa potenzialità con bravate e sciocchezze simili è davvero un peccato. La speranza è che questi ragazzi, almeno questi, abbiano imparato la lezione, che trovino un diverso e più intelligente modo di divertirsi la domenica sera.


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