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“Suoni e Sapori dall’Albania”, un viaggio nelle tradizioni albanesi

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albania-rutigliano


di Teresa Gallone

Rutigliano. L’assessorato alla Cultura e al Turismo rutiglianese ha arricchito  il consueto calendario di intrattenimento estivo per la cittadinanza con l’evento “Suoni e Sapori dall’Albania”, pensato in nome della scoperta del folklore e delle tradizioni della comunità albanese presente e produttiva nel territorio.

L’evento, tenutosi venerdì 19 agosto scorso, è stato organizzato con la collaborazione del Teatro Pubblico Pugliese. Il direttore Lino Manosperta ne ha sottolineato la valenza all’interno del progetto di cooperazione e comunicazione attiva fra le due sponde dell’Adriatico sostenuto dalla Regione Puglia.

La serata è stata organizzata in un percorso sensoriale duplice: da un lato la performance folk del Myzeqeja Ensemble allietata da coreografie tipiche, dall’altro la degustazione di piatti della tradizione popolare albanese.
Come è stato sottolineato nel corso della manifestazione, l’evento è stato pensato come occasione di “gemellaggio” con la città di Fier e come spunto per una più approfondita conoscenza della comunità albanese ormai stabilmente presente dagli anni Novanta nel nostro territorio.
Ma cosa spinse le comunità albanesi ad attraversare l’Adriatico nell’ultimo decennio del secolo scorso?

La straordinaria ondata di emigrazione dal territorio albanese di quegli anni ebbe come causa primaria la dura crisi che colpì il paese. Il danno economico si rivelò in tutta la sua importanza solo dopo la caduta del Muro di Berlino e la fine del governo filo stalinista di Enver Hoxha. Non sono furono efficaci i timidi accenni di rottura dell’isolamento iniziati dal capo dello stato dell’epoca Ramiz Alia: i tentativi di riforma economica furono bloccati dalla pessima produzione industriale e dalla mancanza di riforme strutturali interne.

Il risultato scarso delle riforme di Alia si è dunque tradotto nell’esodo di migliaia di giovani cittadini albanesi verso le coste opposte dell’Adriatico. Alcuni ritengono che Ramiz Alia abbia manovrato le emigrazioni verso l’occidente, puntando sul’emergenza umanitaria per ottenere sostegno economico. Un certo apporto alla costruzione nell’immaginario collettivo del mito occidentale  è stato fornito dai media italiani e  dalla conseguente diffusione della lingua (i programmi tv erano visibili in Albania grazie a un ripetitore collocato in Montenegro).

Se è vero da un lato che la generazione albanese dell’ultima parte del XX secolo ha in parte subito il naturale processo di contaminazione con la cultura occidentale, dati i contatti e l’evidente vicinanza, generazioni ben più antiche sono riuscite a serbare le tradizioni locali inserendole gentilmente nell’alveo del luogo di stanziamento. Le comunità albanesi in Italia hanno forse radici più antiche?

La presenza della popolazione albanese in Italia è in realtà fenomeno concreto dal XV secolo. L’espansione dell’impero ottomano verso ovest, la morte dell’eroe nazionale Giorgio Castriota Scanderbeg e la presa di Albania da parte di Maometto II  provocò la sortita di alcune comunità. Queste si stanziarono al sud della penisola italiana e nelle isole.

La “nazione sparsa” albanese ha preso il nome di Arbëria e si distingue oggi per il mantenimento della lingua albanese, più precisamente della gluha arbëreshe, varietà antica contaminata da quella tosca del sud dell’Albania (varietà ufficiale nella nazione), dall’influsso del greco usato nelle liturgie e dai dialetti dell’area meridionale dell’Italia. La lingua arbëreshe è tutelata dalla legge sulle minoranze etniche e linguistiche 482 del 1999. Le comunità italo albanesi in Puglia si trovano concentrate nel foggiano (Chieuti e Casalvecchio), nel tarantino e nella zona di Cassano delle Murge.

Come i gruppi di antico stanziamento, così le comunità albanesi costruite o ricostruite nel nostro territorio a seguito dell’ondata migratoria degli anni Novanta conservano con cura lingua e tradizioni proprie, pur essendo agevolmente inserite nel modus vivendi occidentale.

L’evento “Suoni e Sapori dall’Albania” ha fornito uno scorcio concreto su alcune delle tipiche usanze. Il gruppo di danzatori ha portato in scena balli principale della tradizione come la Vallja, ballata da giovani in costume tradizionale e fazzoletti, danza nata in onore delle gesta dell’eroe Scanderbeg contro i turchi. Particolarmente suggestiva la parte maschile in cui i ballerini emulano i movimenti usati contro i nemici, delicatissime e in netto contrasto le movenze delle danzatrici.

In linea con il folclore rappresentato nell’evento, i danzatori hanno indossato le vesti tipiche della tradizione: la tenuta tosca con camicia bianca fermata alla vita da una cintura e il fustan, il gonnellino pieghettato, per gli uomini e casacche bianche, pantaloni, sopravvesti e grembiuli coloratissimi per le donne.

Il gruppo Myzeqeja Ensemble ha eseguito brani tratti dal repertorio di canzoni popolari, le cui peculiarità sono rimaste intatte sino alla fine dell’Ottocento (uso di strumenti a corda e a fiato, temi epici o amorosi) per poi fondersi con le tendenze innovative prima della musica “colta” (polifonica senza accompagnamento musicale) e poi con le sonorità pop. Altro elemento di spicco dell’evento “Suoni e Sapori dall’Albania” è la cucina tipica servita nel chiosco in Piazza Colamussi.

La manifestazione ha ottenuto riscontri positivi e consensi entusiasti da parte della comunità albanese, accorsa numerosa e molto partecipe. Discreto invece il numero di cittadini presenti fra il pubblico.





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