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Nicola Giampaolo su Paolo VI e la sua beatificazione

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“La politica è la più alta forma di carità”, domani Paolo VI sarà Beato!
Il Papa del dubbio

L’ultimo periodo di pontificato e della vita terrena di Papa Montini sono, senza dubbio, i più difficili per il Santo Padre. Sulle sue spalle porta il peso dei settanta anni compiuti, della lotta ad una malattia che lo attanaglia da tempo e soprattutto una grave forma di artrosi invalidante.
È molto stanco e le incertezze della sua salute si ripercuotono fortemente sul suo incarico di Capo della Chiesa di Roma; talvolta esprime opinioni progressiste e giovannee, talaltre pare ancorato all’ala tradizionalista. Dai più viene definito “Il Papa del dubbio”, alternando aperture e chiusure sulle molteplici questioni sulle quali la Chiesa in quegli anni è chiamata a rispondere. Il realtà Paolo VI sta guidando il Cattolicesimo in uno dei più ardui momenti del secolo passato e dietro le sue incertezze, come quelle di San Pietro come egli stesso ricorderà, si nasconde l’obiettivo di mantenere l’unità della Chiesa.

Memorabile è l’episodio di apertura della Porta Santa il 24 dicembre 1974. Molti leggono questo momento come il congedo ideale di Paolo VI ma nessuno può immaginare quello che realmente accadrà. Mentre gli occhi del modo sono puntati sul Santo Padre che piccona la Porta Santa, dei calcinacci rovinano violenti sul Papa che barcolla, sembra avere un mancamento, ma non cede. Rimane dritto in piedi a portare a compimento il suo incarico. L’episodio rappresenta l’emblema delle pene a cui Papa Montini da tempo resiste e che combatte.

E un dolore ancora più straziante sta per colpirlo: il rapimento di Aldo Moro. Il rapporto tra Paolo VI e lo statista è segnato da una profonda stima e sincera amicizia. Non sono solo il Capo della Chiesa l’uno ed il presidente del Consiglio della Repubblica italiana l’altro; sono amici, confidenti, collaboratori per introdurre, in quegli anni tumultuosi, le giuste riforme per rendere la Chiesa al passo coi tempi ma senza tradire i sacri valori del cattolicesimo. Moro, dal canto suo, rappresenta il sunto ed il compromesso di tutte le fazioni cattoliche presenti nel parlamento.

Nei giorni di detenzione del politico, il Papa segue con trepidante interesse l’evolversi della situazione fino al disperato appello del 21 aprile in cui chiede, supplicando in ginocchio la liberazione di Moro senza condizioni. Fino al famigerato 9 maggio, giorno del ritrovamento del cadavere del presidente, definito da Paolo VI “un giorno di infinita tristezza”. Nonostante gli viene fatto notare che non è tradizione che un Papa partecipi alla messa per le esequie di un politico, Egli non ha titubanze e volle dare a suo modo l’ultimo saluto all’amico barbaramente assassinato.

Nonostante la fatica e l’incalzare della malattia che di lì a poco lo porterà alla morte, Paolo VI partecipa ai funerali e recita una memorabile omelia, ritenuta dai più come una delle più alte della Chiesa moderna. Interpreta un sentimento di dolore e disperazione unito alla speranza ed alla completa fiducia nel Padre. Affida alla storia parole leggendarie, salutando l’amico fidato ed al tempo stesso, come si capirà di lì a poco, congedandosi dal mondo terreno «Signore, ascoltaci! E chi può ascoltare il nostro lamento, se non ancora Tu, o Dio della vita e della morte? Tu non hai esaudito la nostra supplica per la incolumità di Aldo Moro, di questo uomo buono, mite, saggio, innocente ed amico; ma Tu, o Signore, non hai abbandonato il suo spirito immortale, segnato dalla fede nel Cristo, che è la risurrezione e la vita. Per lui, per lui. Signore, ascoltaci!».

Nella nostra vita politica, tra la gente e per la gente, gli insegnamenti di Paolo VI hanno rappresentato sempre una guida preziosa. Con la Sua “Populorum Progressio” in cui ci insegna che “La politica è la più alta forma di carità”, Papa Montini ha ispirato e accompagnato il nostro impegno elettorale prima e la nostra attività di amministratori adesso.

Nicola Giampaolo
Gruppo Consiliare

 

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