ANDREA MOLESINI AL PRESIDIO DEL LIBRO DI RUTIGLIANO























di Paola Borracci


Venerdì 16 marzo 2012, ore 16, nella Biblioteca Comunale di Rutigliano, ANDREA MOLESINI presenta il romanzo "Non tutti i bastardi sono di Vienna" (Sellerio), Premio Campiello 2011.
Il prestigioso evento è organizzato dalla Provincia di Bari, dal Comune di Rutigliano e dal Presidio del Libro di Rutigliano, in collaborazione con la Regione Puglia - Assessorato al Mediterraneo, con la libreria Barcadoro e con l'Associazione "Menti a piede libero".
Insieme all'autore intervengono: NUCCIO ALTIERI, Vice Presidente della Provincia di Bari, GIANVITO DEFILIPPIS, Assessore al Turismo ed Eventi del Comune di Rutigliano, e PAOLA BORRACCI, Responsabile del Presidio del Libro di Rutigliano.
Partecipano gli studenti della Scuola Media Statale "A. Manzoni", del Liceo Scientifico "Ilaria Alpi" e dell'Istituto Tecnico Commerciale Statale "Eugenio Montale".
L'iniziativa si colloca all'interno della rassegna di incontri con l'autore "Rutigliano, città di giovani lettori", a cura di Paola Borracci e Giambattista Creatore.

L'AUTORE
Andrea Molesini è nato e vive a Venezia. Ha curato e tradotto opere di poeti americani: Ezra Pound, Charles Simic, Derek Walcott. Ha scritto storie per ragazzi tradotte in varie lingue. "Non tutti i bastardi sono di Vienna" (Sellerio) è il suo primo romanzo.

IL ROMANZO
Villa Spada, a un tiro di voce dal Piave, nei giorni della disfatta di Caporetto diventa dimora del comando austriaco e teatro di un dramma romantico e patriottico disteso su un fondo nascosto di miserie. Un apologo malinconico sull’illusione degli eroi.
«Maggiore, la guerra è assassinio, sempre... voi ora volete solo dare un esempio: uccidere dei signori non è come uccidere dei contadini! Negando la grazia voi contribuite... sto dicendo voi, barone von Feilitzsch, perché qui ci siete voi... contribuite a distruggere la civiltà di cui voi ed io... e questo ragazzo... facciamo parte, e la civiltà è più importante del destino degli stessi Asburgo, o dei Savoia». Orgoglio, patriottismo, odio, amore: passioni pure e antiche si mescolano e si scontrano tra loro, intorbidate più che raffrenate dal senso, anch’esso antico, di reticenza e onore.
Villa Spada, dimora signorile di un paesino a pochi chilometri dal Piave, nei giorni compresi tra il 9 novembre 1917 e il 30 ottobre 1918: siamo nell’area geografica e nell’arco temporale della disfatta di Caporetto e della conquista austriaca. Nella villa vivono i signori: il nonno Guglielmo Spada, un originale, e la nonna Nancy, colta e ardita; la zia Maria, che tiene in pugno l’andamento della casa; il giovane Paolo, diciassettenne, orfano, nel pieno dei furori dell’età; la giovane Giulia, procace e un po’ folle, con la sua chioma fiammeggiante. E si muove in faccende la servitù: la cuoca Teresa, dura come legno di bosso e di saggezza stagionata; la figlia stolta Loretta, e il gigantesco custode Renato, da poco venuto alla villa.
La storia, che il giovane Paolo racconta, inizia con l’insediamento nella grande casa del comando militare nemico. Un crudo episodio di violenza su fanciulle contadine e di dileggio del parroco del villaggio, accende il desiderio di rivalsa. Un conflitto in cui tutto si perde, una cospirazione patriottica in cui si insinua lo scontro di psicologie, reso degno o misero dall’impossibilità di perdonare, e di separare amore e odio, rispetto e vittoria. E resta un senso di basso orizzonte, una claustrofobia, che persiste ironicamente nel contrasto con lo spazio immenso delle operazioni di guerra.


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