LA BATTAGLIA VINTA DAGLI ITALIANI, UN VERO PLEBISCITO DI SI
































Era dal 1995 che un referendum abrogativo non raggiungeva il quorum: una vittoria epocale che ha fatto esultare il centrosinistra. È da questa vittoria finale, su acqua e nucleare in modo particolare, che emerge il contributo “determinante” della regione Puglia in lotta per “l’acqua pubblica”, proprio perché in possesso del più grande acquedotto d’Europa.

«Ora la sintonia della Puglia con la maggioranza del popolo italiano è dimostrata dal referendum» afferma il vice presidente Loredana Capone e «ancora una volta, come spesso è accaduto nella storia del nostro Paese, è la società ad avere imposto alla politica le grandi svolte» ribadisce l’assessore regionale ai trasporti Guglielmo Minervini.

In Puglia il quorum è stato raggiunto con il 52,53% degli elettori, un dato che dista quasi 5 punti percentuali da quello nazionale pari al 57,08%. Dai numerosi «SI», è emerso che il più votato a livello regionale è stato il quesito sulla tariffa dell’acqua (97,64%), seguito dal secondo sull’acqua (97,29%), da quello sul nucleare (96,71%) e dal legittimo impedimento (96,39%).

È stato il promotore del referendum Antonio Di Pietro, assieme ai comitati pubblici, ad avvalorare il suddetto voto, fondamentale per proteggere aria, acqua e giustizia.

A 25 anni da Chernobyl e dal precedente referendum, gli italiani continuano a ripetere alla propria classe politica di non volere il nucleare nel Paese perché, come dimostrano la tragedia giapponese di Fukushima e il disastro di Chernobyl, non esiste tecnologia che estrometta il pericolo di gravi incidenti con fuoriuscita di radioattività.

Non bisogna sottovalutare che i rischi di una centrale si ripercuotono sull’uomo penalizzando l’ambiente naturale, ormai sottoposto a sempre più frequenti terremoti, inondazioni e valanghe. È opportuno sottolineare che lo smaltimento definitivo delle scorie, comporta una serie di problemi, in quanto le scorie sono molto pericolose e restano radioattive per decine di migliaia di anni.

Gli italiani, dopo questo referendum, hanno anche espresso la volontà di un servizio idrico gestito dall’ente pubblico, vietando quindi il coordinamento di tale servizio ad aziende private che ne ricaverebbero profitti garantiti. Con la vittoria del SI, i servizi pubblici locali, come la distribuzione dell’acqua, tornano nella gestione diretta dei Comuni.

Non è possibile gestire l’acqua pubblica a scopo di lucro. Le logiche del mercato non possono essere le stesse per l’acqua come per la benzina, le autostrade, l’elettricità e il gas. Il post-referendum mostra, pertanto, un ampio sentimento di malcontento e di ribellione degli italiani nei confronti della politica dell’attuale Governo.

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