A proposito di un «Manifesto della Fede»

manifesto-fede


Sac. Pasquale Pirulli
don pasquale foto
Nel giorno 9 febbraio 2019 il card. Gerhard Ludwig Müller, prefetto emerito  della Congregazione per la dottrina della fede che ha guidato negli anni 2012-2017, ha pubblicato il «Manifesto della Fede» e lo propone come  sua “pubblica testimonianza verso la Verità della rivelazione” in un tempo in cui “molti cristiani non conoscono più nemmeno i fondamenti della fede, con un pericolo crescente di non trovare più il cammino che porta alla vita eterna”. Il testo del cardinale, secondo le sue affermazioni, si rifà al Catechismo della Chiesa Cattolica che “rappresenta una norma sicura per l’insegnamento della fede” nei fedeli che sono provati dalla “dittatura del relativismo”.

Il testo, diffuso in sette lingue, si articola nei seguenti punti dottrinali: 1. Dio uno e trino, rivelato in Gesù Cristo. 2.La Chiesa. 3. L’Ordine sacramentale. 4. La legge morale 5. La vita eterna. Il tono del suo testo è quanto mai “apocalittico” perché egli scrive: “Tacere su queste e altre verità di fede oppure insegnare il contrario è il peggiore inganno contro cui il Catechismo ammonisce vigorosamente. Ciò rappresenta l’ultima prova della Chiesa, ovvero “una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell’apostasia della verità”. E’ l’inganno dell’Anticristo, che viene “con tutte le seduzioni dell’iniquità, a danno di quelli che vanno in rovina perché non accolsero l’amore della verità per essere salvati (2Ts 2,10).  

Il manifesto teologico del cardinale tedesco  è concluso con un Appello in cui egli avverte la responsabilità di “ricordare queste verità fondamentali aggrappandoci a ciò che noi stessi abbiamo ricevuto”, chiede al Signore di “farci conoscere quanto è grande il dono della fede cattolica” e avverte l’impegno di “rafforzare la fede confessando la verità che è Gesù Cristo stesso”. A tutti egli ripete il grave ammonimento dell’apostolo Paolo al suo collaboratore Timoteo ( 2 Tm 4,1-5) e conclude con queste accorate parole: “Possa Maria, madre di Dio, implorarci la grazia di aggrapparsi alla confessione della verità di Gesù Cristo senza vacillare. Uniti nella fede e nella preghiera”.   
 
Nei confronti del testo diffuso dal card. Muller con assordante battage pubblicitario è intervenuto con alcune puntualizzazioni il card.  Walter Kasper, prefetto emerito del Pontificio Consiglio Ecumenico.  Egli si dice d’accordo sul richiamo alle “molte verità di fede che ogni fedele cattolico deve affermare con cuore e che sono accettate anche da molti cristiani protestanti”. Ma “non va bene che alcune verità siano sottolineate in modo così esplicito che l’altra metà è nascosta”. Va bene la confessione della fede nel Dio Uno e Trino ma non bisogna dimenticare che anche gli ebrei e musulmani credono nell’unico Dio che si rivelò ad Abramo. Non pare che il documento del card. Muller sia sulla stessa sintonia dialogica del recente documento sulla fratellanza umana come via alla pace mondiale  che papa Francesco ha firmato il 5 febbraio 2019 insieme al Grande Imam di Al Azhar Mohammad al-Tayyeb.  

Il Manifesto della fede si presenta come “un manifesto di convinzione teologica privata che non può essere universalmente vincolante”. Ci sono due esempi di superficialità. Prima “la dichiarazione che i cristiani divorziati e non cattolici risposati non possano ricevere fruttuosamente l’Eucaristia” con il richiamo al n. 1457 del Catechismo della Chiesa Cattolica e poi “la disciplina del celibato dei sacerdoti” con il richiamo al n. 1.579 dello stesso testo magisteriale.  Nel primo caso non c’è alcun riferimento ai cristiani divorziati o cattolici risposati tra quelli che “consapevoli di aver commesso i peccato mortale non devono ricevere la santa Comunione”. A proposito del celibato ecclesiastico il n. 1579 insegna: “Tutti i ministri ordinati della Chiesa Latina, ad eccezione dei diaconi permanenti, sono normalmente scelti fra gli uomini credenti che vivono da celibi e che intendono conservare il celibato «per il regno dei cieli» (Mt 19,12). Si dimenticano i sacerdoti uxorati delle Chiese orientali in comunione con la sede di Roma e ultimamente papa Benedetto XVI ha accettato ex pastori protestanti sposati! Non bisogna dimenticare che è in atto un confronto sul sacerdozio da affidare a “viri probati”, cioè uomini già provati da una esemplare vita familiare. Risulta troppo generalizzata la frase “il prete continua l’opera di salvezza sulla terra” quando la realtà ci richiama la fragilità di alcuni ministri sacri.

Al card. Kasper infine non piace il richiamo allo spettro dell’Anticristo che Martin Lutero avvertiva nel papa del suo tempo: “Son rimasto totalmente inorridito quando ho letto della ‘truffa dell’Anticristo verso la fine del manifesto. Questo è quasi letteralmente reminiscenza dell’argomentazione di Martin Lutero.” Tanto meno egli ipotizza che sia attivo nella Chiesa un “Luther Redivivus” (Lutero redivivo) perché “ciò potrebbe portare solo a confusione e a divisione, cosa che sconvolgerebbe la Chiesa cattolica”.
Personalmente ho riletto il testo del Manifesto che non ha la forza dirompente di un proclama di guerra e neanche può assurgere al ruolo di bandiera da sventolare nel dialogo problematico con il mondo di oggi. Sotto l’aspetto dottrinale  per la sua modestia è stato paragonato allo scolastico “Bignami” che serviva agli studenti frettolosi e paurosi di affrontare il confronto dell’esame ma che poi si disperdeva al calore del sole estivo. Assai limitato risulta poi il compito di contestazione nei confronti dell’azione pastorale di papa Francesco che alcuni ambienti conservatori gli hanno attribuito. Verrebbe da ripetere l’adagio latino “de minimis non curat praetor” oppure ricorrere al sapido Totò il quale si diceva superiore alle comuni “quisquilie e pinzallacchere”.  
                
Foto tratta da iltimone.org

 

новинки кинематографа
Машинная вышивка, программа для вышивания, Разработка макета в вышивальной программе, Авторский дизайн