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Papa Francesco sulle orme del beato Pino Puglisi

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sac. Pasquale Pirulli
don pasquale foto
Papa Francesco continua il suo pellegrinaggio alla ricerca e alla venerazione dei “preti scomodi”. Ci ha aiutati nei mesi passati a incontrare D. Lorenzo Milani, d. Zeno Saltini, Chiara Lubic, D. Primo Mazzolari, Don Tonino Bello e adesso scende in Sicilia per pregare nei luoghi che hanno visto l’apostolato di D. Pino Puglisi, il coraggioso parroco del quartiere Brancaccio assassinato dalla mafia 25 anni fa.

La prima sosta il papa, dopo lo scalo tecnico dell’aeroporto di Sigonella, l’ha fatta a Piazza Europa nel comune di Piazza Armerina (Enna). Nella risposta al saluto del vescovo Mons. Rosario Gisana egli ha denunciato le piaghe che deturpano il volto della chiesa: “sottosviluppo sociale e culturale; sfruttamento dei lavoratori e mancanza di dignitosa occupazione per i giovani; migrazione di interi nuclei familiari; usura; alcolismo e altre dipendenze; gioco d’azzardo: sfilacciamento dei legami familiari”. Dinanzi alla tentazione dello scoramento e della diffidenza, il papa invita a: “Considerare le piaghe della società e della Chiesa non è un’azione denigratoria e pessimistica. Se vogliamo dare concretezza alla nostra fede dobbiamo imparare a riconoscere in queste sofferenze umane le stesse piaghe del Signore. Guardarle, toccarle (cf Gv 20,27). Toccare le piaghe del Signore nelle nostre piaghe, nelle piaghe della nostra società, delle nostre famiglie , della nostra gente, dei nostri amici. Toccare le piaghe del Signore lì. E questo significa per nostri cristiani assumere la storia e la carne di Cristo come luogo di salvezza e liberazione”. Il papa invita tutti ad avere attenzione agli anziani, ai giovani e di essere una comunità eucaristica. Non poteva mancare in questo primo incontro il ricordo del beato Pino Puglisi che “appena un mese prima della sua uccisione era venuto a Piazza Armerina per incontrare i seminaristi, suoi alunni al Seminario maggiore di Palermo. Un passaggio profetico, io credo! Una consegna, non solo ai sacerdoti, ma a tutti i fedeli di questa diocesi: per amore di Gesù, servire i fratelli fino alla fine!”.

Nel Foro Italico a Palermo dinanzi a 100.000 fedeli giunti dalla Sicilia e da altre parti d’Italia, con la presenza dell’arcivescovo Mons. Corrado Lorefice, papa Francesco celebra la memoria liturgica del beato Pino Puglisi. Ogni uomo che vuol seguire Cristo si deve confrontare sulla sua libertà di scegliere la vittoria o la sconfitta ed è un problema di vita o di morte. La logica del vangelo è contraria alla logica del mondo che vive la sua vita all’insegna dell’egoismo. Ecco la denunzia decisa dell’egoismo del mondo: “L’egoismo pensa a curare la propria vita e ai attacca alle cose, ai soldi, al potere, al piacere. Allora il diavolo ha le porte aperte. Il diavolo “entra dalle tasche” se tu sei attaccato ai soldi. Il diavolo fa credere va che va tutto bene ma il realtà il cuore si anestetizza con l’egoismo. L’egoismo è un’anestesia molto potente. Questa via finisce sempre male: alla fine si resta soli, col vuoto dentro. La fine degli egoisti è triste: vuoti, soli, circondati solo da coloro che vogliono ereditare…”.

La logica del mondo è contraria a quella del Vangelo che suggerisce non solo l’umiliazione del buio della terra ma anche la morte e il dono perché dal chicco di grano si sprigioni la vita. La logica del mondo è quella dell’avere, del potere: “Ma è una grande illusione: il denaro e il potere non liberano l’uomo, lo rendono schiavo. Vedete: Dio non esercita il potere per risolvere i mali nostri e del mondo. La sua via è sempre quella dell’amore umile: solo l’amore libera dentro, dà pace e gioia. Per questo il vero potere, il poter secondo Dio, è il servizio… La voce più forte è la preghiera… La gloria più grande, il successo più grande è la propria testimonianza”. Si tratta di fare una scelta impegnativa “da che parte stare, viere per sé con la mano chiusa o donare la vita la mano aperta. Solo dando la vita si sconfigge il male. Un prezzo alto, ma solo così si sconfigge il male”. Ecco la lezione del beato Pino Puglisi. “ Non viveva per farsi vedere, non viveva di appelli anti-mafia, e nemmeno si accontentava di non far nulla di male, ma seminava il bene, tanto bene. La sua sembrava una logica perdente, mentre pareva vincente la logica del portafoglio. Ma padre Pino aveva ragione: la logica del dio-denaro è sempre perdente”. Si confrontano la logica dell’avere che genera “una brutta dipendenza ed è come una droga” e la logica dell’amore che vuol dire “ritrovare se stesso e scoprire quanto ì bello aiutare, quanto è bello servire; trovare la gioia dentro e il sorriso fuori”.padre-puglisi-papa-1

 Il papa si sofferma sul “sorriso di Don Pino”: “Venticinque anni fa come oggi, quando morì nel giorno del suo compleanno, coronò la sua vittoria col sorriso, quel sorriso che non fece dormire di notte il suo uccisore, il quale disse: <<c’era una specie di luce in quel sorriso”. Padre Pino era inerme, ma il suo sorriso trasmetteva la forza di Dio: non un bagliore accecante, ma una luce gentile che scava dentro e rischiara il cuore. E’ la luce dell’amore del dono, del sorriso”. Papa Francesco si augura che ci siano anche oggi “tanti preti del sorriso” “tanti cristiani del sorriso” perché si tratta sempre di “rischiare per il Signore”.

Per il cristiano che si incammina sulle orme di D. Pino Puglisi c’è la proposta di “rischiare”: “Don Pino, lui sì, lui sapeva che rischiava, ma soprattutto che il pericolo vero nella vita è non rischiare, è vivacchiare tra comodità, mezzucci e scorciatoie. Dio ci liberi dal vivere al ribasso, accontentandoci di mezze verità. Le mezze verità non saziano il cuore, non fanno del bene. Dio ci liberi da una vita piccola, che gira attorno ai “piccioli”.” Con il proprio rischio bisogna contrastare l’ingiustizia e “fare il bene” che vuol dire: “cercare la verità detestando la falsità, scegliere il sacrificio non la pigrizia, l’amore non l’odio, il perdono non la vendetta”. Papa Francesco pone la domanda decisiva: che cosa significa credere? E ricorda la parola di S. Giovanni: “Se uno dice: io amo Dio e odia suo fratello è un bugiardo” (I Gv 4, 20).

Il papa alza la voce nella denuncia contro la violenza della mafia la quale trova la sua verità nell’odio ma è contro la verità della fede cristiana: “Dio-amore ripudia ogni violenza e ama tutti gli uomini Perciò la parola odio va cancellata dalla vita cristiana; perciò non si può credere in Dio e sopraffare il fratello. Non si può credere in Dio ed esser mafiosi. Chi è mafioso non vive da cristiano, perché bestemmia con la vita il nome di Dio-amore. Oggi abbiamo bisogno di uomini e di donne di amore, non di uomini e donne di onore; di servizio, non di sopraffazione. Abbiamo bisogno di camminare insieme, non di rincorrere il potere. Se la litania mafiosa è: “Tu non sai chi sono io”, quella cristiana è: “Io ho bisogno di te”. Se la minaccia mafiosa è: “Tu me la pagherai”, la preghiera cristiana è “Signore, aiutami ad amare”. Perciò ai mafiosi dico: cambiate, fratelli e sorelle! Smettete di pensare a voi stessi e ai vostri soldi. Tu sai, voi sapete, che “il sudario non la tasche”, Voi non potete portare niente con voi. Convertitevi al vero Dio di Gesù Cristo, cari fratelli e sorelle! Io dico a voi, mafiosi: se non fate questo, la vostra stessa vita andrà persa e sarà la peggiore delle sconfitte”. padre-puglisi-papa-2

Ricordando la frase di D. Pino Puglisi “Se ognuno fa qualcosa, si può fare molto!”, il papa invita ad un sano “populismo cristiano” che vuol dire: “sentire e servire il popolo, senza gridare, accusa e suscitare contese”. Sull’esempio del beato martire “povero fra i poveri della sua terra” papa Francesco invita ad avere “la mentalità vincente” che è vittoria della fede. Si tratta di vincere “con il dono quotidiano di sé” “portando il sorriso di Dio sulle strade del mondo “ con lo scandalo del martirio”. La vita del martire D. Pino Puglisi è stata una vita bella perché vissuta sulle orme di Gesù che ha detto “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13) e queste sono le parole incise sulla tomba del coraggioso parroco di Brancaccio.                 
Più tardi il papa ha incontrato nella cattedrale di Palermo il clero, i religiosi e i seminaristi e ha racchiuso la sua riflessione in tre aspetti della vita di D. Pino Puglisi racchiusi in tre verbi: celebrare, accompagnare, testimoniare.

Si tratta di celebrare l’ Eucaristia e il perdono a tutti e la pietà popolare che per la grazia dello Spirito Santo diventa autentica testimonianza cristiana. Un deciso richiamo da parte del papa ai vescovi a questo proposito: “Vi chiedo di vigilare attentamente, affinché la religiosità popolare non venga strumentalizzata dalla presenza mafiosa, perché allora , anziché essere mezzo di affettuosa adorazione, diverta veicolo di corrotta ostentazione. Lo abbiamo visto nei giornali, quando la Madonna si ferma e fa l’inchino alla casa del capo-mafia; no, questo non va, non va assolutamente! Sulla pietà popolare abbiate cura, aiutate, state presenti”.
Soffermandosi sul secondo verbo: accompagnare , papa Francesco ricorda l’esempio di D. Puglisi: “Più che parlare di giovani, parlava coi giovani. Stare con loro, seguirli, far scaturire insieme a loro le domande più vere e le risposte più belle… Don Pino strappava dal disagio semplicemente facendo il prete con cuore di pastore. Impariamo da lui a rifiutare ogni spiritualità disincarnata e a sporcarci le mani coi problemi della gente”.

Per quanto si riferisce alla testimonianza  il papa insiste perché è la categoria e l’impegno che esprime la vita “consacrata al Signore” come è stata quella di D. Pino. L’esigenza del Vangelo oggi è la testimonianza che si esprime nel servizio e presenta la Chiesa come “sacramento di salvezza”. Nella Chiesa non c’è posto per i preti funzionari ma ci si augura che tutti siano “testimoni di speranza”, proprio sulle orme di D. Pino Puglisi che ai suoi confratelli durante il Convegno del movimento “Presenza del Vangelo” dell’anno 1991 diceva: “A chi è disorientato il testimone della speranza indica non cos’è la speranza, ma chi è la speranza. La speranza è Cristo, e si indica logicamente attraverso una propria vita orientata verso Cristo”.
L’ultimo incontro è stato quello con i giovani a Piazza Politeama durante il quale il papa “al termine di una giornata un po’stancante, ma bella” ha risposto a tre domande a lui pervenute dai giovani precedentemente.

La prima è “come ascoltare la voce del Signore e maturare una risposta” e il papa invita i giovani:  a camminare, cercare e sognare e poi anche a servire se vogliono ascoltare la voce del Signore che invita “Vieni e seguimi!”.
La seconda domanda si riferisce al tema dell’accoglienza e il papa insiste sulla vocazione originaria del popolo siciliano di essere “un popolo frutto dell’incontro di culture e di persone”. Papa Francesco insiste sulla caratteristica del cristianesimo che si fa incontro, accoglienza e solidarietà. Invita i giovani “a sporcarsi le mani” e ad “essere costruttori di futuro”.  

La terza domanda è: “Come vivere l’esser giovani in questa terra?” Nella risposta ai giovani qualificati “albe di speranza” papa Francesco condanna la logica dell’irredimibile, che deriva dal pessimismo e dal fatalismo. Per superare la crisi attuale bisogna far leva sulla libertà dei giovani, sulla loro capacità di valorizzare le radici buone della cultura del proprio popolo e l’invito cordiale ad “ascoltare i vecchi” per recuperare il valore dell’appartenenza. Un ultimo invito ai giovani: “Sogniamo e viviamo la cultura della speranza, la cultura della gioia, la cultura dell’appartenenza a un popolo, a una famiglia, la cultura che sa prendere dalle radici la forza per fiorire e portare frutto”.

Una benedizione particolarmente affettuosa a tutti (“cattolici, cristiani, di altre tradizioni religiose, e anche alcuni agnostici”) conclude l’incontro: “Per questo darò la benedizione a tutti, e chiederò a Dio che benedica quel seme di inquietudine che è nel vostro cuore. Signore, Signore Dio, guarda questi giovani. Tu conosci ognuno di loro, Tu sai cosa pensano, Tu sai che hanno voglia di andare avanti, di far eun mondo migliore. Signore rendili ricercatori del bene e di felicità; rendili operosi nel cammino e nell’incontro con gli altri; rendili audaci nel servire; rendili umili nel cercare le radici e portarle avanti per dare frutti, avere identità, avere appartenenza. Il Signore, il Signore Dio accompagni tutti questi giovani nel cammino e benedica tutti. Amen.”

Alla fine di questa nota sul viaggio del papa in Sicilia sulle orme del beato Pino Puglisi mi permetto di segnalare il film “Alla luce del sole: La storia di don Pino Puglisi assassinato dalla mafia nel quartiere Brancaccio”, Premio David Giovani: Miglior Film 2005 e poi i volumi: (A cura di Francesco Deliziosi) «DON PINO PUGLISI – Se ognuno fa qualcosa si può fare molto – Le parole del prete che fece paura alla mafia», BUR 2018; VINCENZO CERUSO, Don Pino Puglisi – A mani nude, Edizioni San Paolo 2012.

 

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